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di Francesca Arca

Quando pensiamo alla parola “archivio” siamo comunemente portati ad immaginare qualcosa di accatastato, polveroso e talmente legato al passato da risultare poco interessante se paragonato alla velocità dell’era contemporanea.

Niente di più falso! Abbiamo visitato l’Archivio di Stato della nostra città per comprendere quante vite scorrano ancora dentro ogni singolo fascicolo e quanta passione accompagni le persone che, con dedizione e professionalità, queste vite custodiscono con enorme cura. Abbiamo avuto modo di incontrare la Dottoressa Federica Puglisi, Direttrice dell’Archivio di Stato di Sassari, che con grande gentilezza ci ha accompagnato in questa breve ma intensa visita rispondendo alle nostre domande.

Dottoressa Puglisi, ci aiuta a spiegare cos’è un archivio e perché è importante?

Il termine “archivio” è di derivazione greca e stava ad indicare il palazzo del magistrato, l’arconte, in cui venivano conservate le carte dell’ufficio. In generale possiamo definirlo come il complesso dei documenti che si sono formati nel corso del tempo presso una persona fisica, giuridica o un gruppo di uffici, nel corso dell’esplicazione della loro attività e pertanto, in questo caso, legati da un vincolo necessario: il cosiddetto “nesso archivistico”. Questi documenti, una volta perduto l’interesse per lo svolgimento dell’attività medesima, sono stati selezionati per essere conservati in modo permanente quali beni culturali.

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Quindi esistono vari tipi di “archivio”?

Diciamo che la vita di un archivio si può articolare in tre fasi diverse: c’è “l’archivio corrente” che è quello attualmente in uso e che ovviamente è in continuo accrescimento. Per le varie necessità pratiche i fascicoli che compongono l’archivio corrente vengono conservati in locali facilmente accessibili o nella stanza degli impiegati che li utilizzano. I fascicoli relativi invece alle pratiche che ormai vengono considerate concluse e non servono più alle attività quotidiane, si possono spostare il locali di minor accesso. In questa fase l’archivio viene definito “archivio di deposito”. Rappresenta uno stato intermedio nel ciclo di vita degli archivi, nel quale si conservano dei documenti che un domani potranno essere scartati ma che per il momento occorre conservare nell’eventualità che risultino ancora utili. Infine dopo un certo numero di anni – in genere 30 per gli archivi della Pubblica Amministrazione – si selezionano quei fascicoli che vale la pena conservare per sempre e si scartano invece gli altri. In questo modo nasce “l’archivio storico” che ha un interesse prevalentemente storico-culturale ma che conserva comunque anche un suo valore pratico giuridico. Basti ad esempio pensare che per risolvere dispute sui confini bisogna a volte ricorrere a documenti i vecchi di secoli, a dimostrazione che la valenza giuridica degli archivi e quindi la loro utilità pratica in molti casi non viene mai meno.

Nello specifico che cosa viene conservato in archivio?

Gli archivi comprendono documenti cartacei ma spesso anche documentazioni fotografiche. Si pensi ad esempio alle foto segnaletiche che si trovano nei fascicoli di Polizia o anche alle foto conservate negli archivi dei giornali. Possono contenere inoltre registrazioni sonore come quelle relative agli interrogatori, contenute nei fascicoli delle inchieste giudiziarie, ma anche filmati. Ad esempio gli archivi di un partito politico potranno contenere le riprese dei Congressi; l’archivio di una società di calcio potrà includere le riprese delle partite e così via. Infine oggi molto spesso gli archivi includono anche documenti in formato elettronico che possono consistere addirittura in complesse banche dati ma anche semplici documenti di testo contenuti in vecchi dischetti.

E per ciò che riguarda l’Archivio di Stato?

Il versamento dei documenti prodotti dalle amministrazioni dello Stato ai fini della conservazione è regolato dal decreto legislativo del 22 gennaio 2004 n 42 – Codice dei beni culturali e del paesaggio. Gli organi sia giudiziari che amministrativi dello Stato versano all’Archivio Centrale (e agli Archivi di Stato competenti per Provincia) i documenti e gli affari esauriti da oltre 30 anni, unitariamente agli strumenti che ne garantiscono la consultazione. Le liste di leva e di estrazione sono versate invece 70 anni dopo l’anno di nascita della classe cui si riferiscono in più. Ci sono poi gli archivi notarili che versano gli atti notarili ricevuti dai notai che cessarono l’esercizio professionale anteriormente all’ultimo centennio. Sono versati anche gli archivi degli uffici statali soppressi e degli enti pubblici estinti a meno che non se renda necessario il trasferimento, in tutto o in parte, ad altri enti.

Chi può consultare i documenti presenti nell’Archivio di Stato?

I documenti conservati negli Archivi di Stato sono liberamente consultabili ad eccezione dei documenti relativi alla politica interna ed estera dello Stato che sono dichiarati di carattere riservato dal Ministero dell’Interno d’intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali. Essi diventano consultabili solo 50 anni dopo la loro data. I documenti contenenti dati personali sensibili, cioè quelli che sono idonei a rivelare l’origine razziale o etnica, le convinzioni religiose o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni e organizzazioni religiose, filosofiche, politiche o sindacali, diventano consultabili 40 anni dopo la loro data. I documenti contenenti dati personali cosiddetti sensibilissimi, cioè quelli che rivelano normalmente lo stato di salute, la vita sessuale o rapporti riservati di tipo familiare, diventano invece consultabili 70 anni dopo la loro data. Ci sono poi i documenti contenenti dati giudiziari che diventano consultabili 40 anni dopo la loro data.

Come nasce l’Archivio di Stato di Sassari?

L’Archivio di Stato di Sassari è un ufficio periferico del Ministero per i beni e le attività culturali. Venne istituito con Decreto Ministeriale nel 1959 come organo periferico del Ministero dell’Interno. Successivamente venne incardinato nella struttura del Ministero per i beni culturali e ambientali, istituito nel 1974 e riformato poi nel ‘98. L’attività dell’Archivio di Stato di Sassari viene coordinata, come per gli altri istituti periferici e musei statali del territorio, dal Segretariato Regionale per la Sardegna del Ministero per i beni culturali e le attività culturali.

Che cosa conserva l’Archivio di Stato di Sassari?

Ci occupiamo della conservazione, tutela e valorizzazione degli archivi prodotti dalle magistrature del Regno di Sardegna e quelli prodotti dagli organi giudiziari amministrativi dello Stato Italiano presenti nella provincia di Sassari; degli atti dei notai delle tappe di Sassari, Alghero, Ozieri e Tempio che hanno cessato l’esercizio professionale anteriormente all’ultimo centennio, versati nell’Archivio notarile di Sassari; degli archivi di alcune corporazioni religiose di Alghero, Ozieri, Padria e Pozzomaggiore i cui beni, a seguito delle soppressioni di alcuni ordini religiosi, furono incamerati dal demanio statale. Abbiamo inoltre alcuni importanti archivi di privati (sia donati che in deposito) e di enti pubblici.

Ci può fare degli esempi di qualche documento particolare che potrebbe essere consultato nell’archivio di Sassari?

Beh, sono davvero tanti i documenti interessanti. Sono presenti gli atti notarili relativi all’acquisto dei terreni di Caprera da parte di Giuseppe Garibaldi, l’inventario dei suoi beni e anche il suo testamento. Ma ci sono anche documentazioni che riguardano persone comuni che però sono altrettanto peculiari. È presente ad esempio un ruolo matricolare di un militare, nativo di Chiaramonti, classe 1885, che è un raro esempio di documento con foto allegata. Ci sono inoltre i registri scolastici con le annotazioni dei maestri sugli alunni. Una è particolarmente emblematica ed è relativa alla Direzione Didattica di San Giuseppe di Sassari nel 1925. In riferimento ad un’alunna che ogni anno veniva ritirata da scuola dalla famiglia, la maestra specifica “perché tanto è una donna e bisogna che impari a guadagnar da sé il tozzo di pane […] per il quale ufficio non occorre certamente saper leggere!”. Ancora potrei citare il fascicolo penale di Ignazio Sciolla che tra la fine degli anni ‘30 e l’inizio degli anni ‘40 venne accusato di uxoricidio aggravato nei confronti di sua moglie. Se pensiamo alle attuali discussioni sul gravissimo problema del femminicidio direi che si tratta di un documento importante.

 Il presente di una città risiede anche e soprattutto nella bellezza della vita che ancora scorre nel suo passato.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Un ringraziamento all’Archivio di Stato di Sassari per le fotografie e la grande disponibilità e alla Dottoressa Lorena Piras per l’aiuto costante di ricerca.

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