Peppino-Anfossi

Peppino Anfossi è nato a Sassari nel 1970, dove vive e lavora. Dopo aver frequentato l’Istituto d’Arte di Sassari e il Conservatorio “Luigi Canepa” si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Sassari. Ha seguito i corsi di violino con il maestro Bruno Pinna e successivamente ha frequentato i corsi di perfezionamento con il maestro Felice Cusano. Prosegue la sua formazione frequentando numerosi corsi sull’improvvisazione e si specializza in musica popolare.

Dopo aver suonato in varie orchestre, intraprende la carriera violinistica fondando il gruppo musicale NASODOBLE, vincitore del premio nazionale MUSICA CONTRO LE MAFIE, con il quale ha suonato per diciotto anni, ottenendo numerosi successi nazionali condividendo palchi con artisti come CAPOSSELA, NEGRAMARO, PFM, AREA, AVION TRAVEL, NUOVA COMPAGNIA DI CANTO POPOLARE, PAOLO BENVEGNU’, PAOLO CIARCHI, JAMES SENESE, BRUNORI SAS e tanti altri.

Peppino-Anfossi
Foto: Amilcare Incalza

Insieme a Carlo Doneddu, Peppino Anfossi fonda il gruppo de “I figli di Iubal” (Sony, Mescal). Ha suonato e suona con vari progetti musicali: Bordell (musica irlandese), Pasquale Posadinu (Primo chef del Cosmo), Andrea Desole (Ice), Il crack del ‘29 (gipsy jazz – manouche), NUNC (duo voce e violino, musica elettronica), Angela Colombino (cantautrice), Patrizio Fariselli (AREA). Ha registrato per numerosi dischi NASODOBLE, FIGLI DI IUBAL, PASQUALE POSADINU, JOE PERRINO, CORDAS ET CANNAS, PIERO MARRAS, CHICHIMECA, ALESSIA DESOGUS e tanti altri.

Nella vita, probabilmente condizionato dalla famiglia di Artisti, il padre Vidèo Anfossi pittore e il prozio Tosino Anfossi, fondatore insieme a Eugenio Tavolara del pupazzo sardo, Peppino Anfossi si è dedicato e si dedica anche all’arte visiva. Ancora studente dell’Istituto d’Arte, partecipa a numerose mostre e manifestazioni artistiche con opere pittoriche, installazioni e performance.

Ben presto si dedica all’arte della decorazione, specializzandosi soprattutto nella decorazione di locali, bar e discoteche in tutta la Sardegna. Decora due importanti locali a Bologna e la gradinata dello stadio “Vanni Sanna” a Sassari. Contemporaneamente si dedica alla grafica pubblicitaria realizzando importanti campagne pubblicitarie in ambito regionale.

Dal ’98 al 2000 lavora come grafico nel giornale “Il Quotidiano” di Sassari e subito dopo si trasferisce a Genova dove per due anni lavora presso la “EAGLE PICTURE” per la realizzazione di copertine dvd nella sezione home video. Nel contempo si dedica anche alla grafica di diversi lavori musicali e collabora con numerose compagnie teatrali ed emittenti televisive curando la scenografia.

Dal 2001 ha una scuola di pittura e nel 2015 inizia un’esperienza lavorativa come pittore nel cinema all’interno di produzioni cinematografiche, tra cui la casa di produzione TEMPESTA nel film ARIAFERMA di Leonardo di Costanzo con Toni Servillo e Silvio Orlando.

Realizza un murales a Badesi, omaggio al Maestro Tosino Anfossi. Nell’opera di Tosino Anfossi, che si laureò in chimica con la tesi riguardante la colorazione dei tessuti di orbace, è sempre molto presente l’utilizzo del tessuto. Per questo per la realizzazione di questo murales c’è stata un’accuratissima ricerca del colore. L’artista ha voluto dare anche una valenza storica al progetto generale dei murales per recuperare la memoria storica per lui sempre importante.

Peppino-Anfossi-in-concerto
In concerto

Peppino Anfossi, l’intervista

  • Figlio d’arte esplori e vivi il mondo artistico a 360°, ci racconti come sei entrato in questa macchina meravigliosa che è l’arte?

Peppino Anfossi: In realtà in questa macchina meravigliosa che è l’arte ci sono sempre stato a partire dal primo odore del colore ad olio e della trementina che ho respirato sin da bambino. Il primo suono invece è stato quello dei dischi che ascoltava mio padre mentre dipingeva, sia nel suo studio che all’aperto. Ricordo che quando ci portava al mare, soprattutto nei porti che amava dipingere, aveva sempre con sé la sua immancabile radiolina e noi figli, seduti accanto a lui, assistevamo a quello che era un vero e proprio spettacolo messo in scena con i pennelli, i colori, un cavalletto e l’accompagnamento musicale.

Mio padre aveva un rapporto molto fisico e gestuale nel compimento dell’opera: come uno spadaccino affronta l’avversario, lui affrontava la sua tela e tutto questo era accompagnato sempre da una “colonna sonora” che non mancava mai nel suo atto creativo. Tutto questo ha suscitato in me quel fascino e quella curiosità che hanno condizionato le mie scelta di vita.

  • Puoi raccontarci come è nata la tua passione per la musica? E per il violino?

Peppino Anfossi: Ho sempre ascoltato musica, sin da quando ero piccolo: classica, jazz, tango argentino e soprattutto tantissimi cantanti francesi. Ma sono entrato a contatto anche con la musica che ascoltavano i miei fratelli più grandi, quindi praticamente un genere totalmente diverso. Forse è per questo che ascolto sempre di tutto e non riesco a ragionare per “genere musicale”. Se un brano o un’opera mi piacciono non sento l’esigenza di doverli necessariamente catalogare o meglio racchiudere in un genere ben definito.

Non ricordo come nacque la mia passione per il violino perché ero molto piccolo. Però ricordo che a casa c’erano diversi strumenti musicali portati da mio padre ogni volta che rientrava dai viaggi per le mostre. Io ne sono stato sempre affascinato e incuriosito, tanto da provarli un po’ tutti, ovviamente quasi come fosse un gioco, e bene o male riuscivo a ottenere qualche suono un po’ da tutti, a parte il violino.

Credo che questa cosa abbia condizionato la mia scelta quando a nove anni feci l’esame di ammissione per entrare al Conservatorio. Portai una suonata per pianoforte, ma quando mi chiesero quale strumento desiderassi suonare, risposi sicuro: “Il violino”. Non dimenticherò mai la faccia stupita di mio padre che rimase ammutolito per tutto il viaggio durante il rientro a casa. Ovviamente non mi sono mai pentito di questa scelta.

Peppino-Anfossi-Nasodoble
Foto: Pino Demartis
  • Un periodo molto lungo della tua carriera musicale lo trascorri con i Nasodoble, di cui sei anche il fondatore. Ci racconti questa tua traccia indelebile a livello musicale?

Peppino Anfossi: Il progetto Nasodoble è stato molto importante per me, soprattutto per la mia crescita musicale. Noi componenti del gruppo arrivavamo da esperienze musicali molto diverse: chi , come me, dalla classica, chi dal punk rock, chi dal jazz, chi dal metal e chi dalla musica popolare. Questo ha fatto sì che il genere dei Nasodoble non prendesse mai una connotazione precisa, soprattutto perché per la nostra formazione non potevamo farlo.

È così che Nasodoble ha colmato la mancanza che sentivo proprio nella parte riguardante la sperimentazione a 360 gradi del violino, strumento decisamente meno versatile di altri. Cominciai così ad appassionarmi anche al mondo dell’elettronica, soprattutto quando suonammo con i “Quintorigo” e vidi per la prima volta dal vivo degli effetti collegati a un violino e un violoncello. Rimasi così folgorato da questa esperienza che non ho mai smesso di sperimentare nuovi suoni ed effetti.

Per anni i miei “mentori” sono stati soprattutto i chitarristi, non potendo purtroppo avere scambio con altri violinisti per questo tipo di approccio sull’utilizzo dell’effettistica. È stato comunque con i Nasodoble che ho potuto maturare quell’esperienza che mi ha fatto crescere musicalmente e che in questo momento si è concretizzata con la fondazione dei NUNC insieme a Manuel Attanasio. Con la sua voce ha fatto un percorso musicale molto vicino a quello mio violinistico.

Nasodoble mi ha permesso di sperimentare e mettere a frutto tutte le esperienze che raccoglievo in altri progetti e collaborazioni di tutt’altra forma e matrice musicale. In quegli anni presi parte anche alla fondazione con Carlo Doneddu del gruppo de I FIGLI DI IUBAL, prodotti da Sciopero Records e Mescal, grazie agli YO YO MUNDI. Con loro intraprendemmo un lungo e importante percorso artistico, fino a mettere in scena uno spettacolo musicale tratto dal libro “Un’anno sull’altipiano”, che ha visto sul palco una quindicina di musicisti, coinvolti anche nel compiere delle azioni sceniche.

  • Hai collaborato con grandi della musica e con vari gruppi, registrando numerosi dischi e esibendoti in vari concerti, ma preferisco sia tu a raccontarci il tuo percorso e il tuo modo di vivere il violino a livello universale e non solo classico.

Peppino Anfossi: Diciamo che mi è capitato di condividere palchi importanti, ma posso sicuramente dire che gli incontri che mi hanno cambiato la vita dal punto di vista musicale sono stati quelli con Patrizio Fariselli degli AREA e con Paolo Ciarchi, autore della famosa canzone “Ho visto un re”.

Fariselli mi ha dato una visione della musica che mai avrei pensato di poter esplorare, passando attraverso John Cage, grazie al progetto “Musicircus” ideato e diretto da Simone Sassu con l’Associazione Nasodoble, realizzato nelle miniere di Montevecchio e all’Ex-Q di Sassari. Grazie a questa esperienza, la conoscenza con Fariselli si è poi consolidata nel tempo.

Con Paolo Ciarchi, che posso affermare essere stato padre spirituale dei Nasodoble, ho invece imparato a respirare la musica, respirarla in tutta la sua essenza sia in quella terrena che in quella spirituale.

Music-Circus
Foto: Simone Carta
  • Una delle tue ultime collaborazioni riguarda Canzoni Di Mari il nuovo lavoro di Federico Marras Perantoni. Come e quando è nato questo sodalizio artistico?

Peppino Anfossi: Conosco Federico da tanti anni, soprattutto come artista. Ho amato tantissimo gli “Chéri sulla luna”, il gruppo di cui è stato il cantante e da allora ho sempre seguito con interesse il suo percorso musicale. Nel suo ultimo lavoro, “Canzoni di mari”, sono stato coinvolto per curare l’immagine come una sorta di direttore artistico.

Ho realizzato la grafica del disco dopo aver intrapreso insieme a lui un lavoro di approfondimento del territorio e della “lingua turritana”. Il lavoro sta proseguendo grazie alla collaborazione di un altro grande artista che è Luca Noce con cui lavoro da tanti anni e con il quale ho condiviso parte della mia vita, sia in ambito lavorativo e soprattutto in quello per me forse più importante, quello umano.

  • Tra i tanti lavori ce n’è uno al quale sei rimasto particolarmente legato dal punto di vista emotivo? Se sì, perché?

Peppino Anfossi: Non è semplice rispondere perché avendo fatto tante esperienze in diversi campi non saprei dire se sono rimasto legato a qualcuno in particolare. In ogni lavoro cerco di mettere dentro sempre tutto me stesso in modo da trarne una crescita personale e professionale. Tutto quello che faccio deve per me avere delle caratteristiche fondamentali. Una di queste è la crescita artistica che deve andare di pari passo al mio impegno. Ritengo di essere emotivamente legato ad ogni lavoro anche se in modo diverso.

  • Oltre alla musica hai dedicato parte del tuo talento anche alle arti visive.

Peppino Anfossi: Ho dedicato e continuo a dedicare tanto tempo alle arti visive. Non posso farne a meno, come se sentissi un richiamo alle origini: è qualcosa che mi porto dentro e che in parte è legato anche alla mia famiglia. Come nella musica, anche nelle arti visive non smetto mai di sperimentare, sia che faccia decorazione sia che faccia illustrazione o grafica. Alla base di questo mio naturale approccio con l’arte credo ci sia proprio la curiosità, che per quanto mi riguarda, insieme alla passione, non deve mai mancare.

Mi sono reso conto, studiando la vita e l’opera di Tosino Anfossi, che quello che viene fuori è proprio la curiosità nell’utilizzo dei materiali. Attraverso la sua laurea in chimica, ha approfondito le conoscenze sulle sostanze coloranti adoperate in Sardegna e sulle tecniche di tintura. Le utilizzò tantissimo per realizzare le sue opere e soprattutto per la creazione, insieme a Eugenio Tavolara, del pupazzo sardo. Per questo suo voler sempre ricercare e sperimentare sento molto forte l’influenza della famiglia.

Peppino-Anfossi
Foto: Naima Savioli
  • Presti anche la tua arte visiva al cinema. Cosa vuol dire lavorare in un mondo così lontano dalla realtà di musicista ma allo stesso tempo così vicino al tuo modo di esprimere arte?

Peppino Anfossi: Ho lavorato per tre mesi come pittore nel reparto scenografia per il film ARIAFERMA girato a Sassari all’interno del carcere di San Sebastiano e diretto da Leonardo Di Costanzo. Sono arrivato con il bagaglio di tanti anni di decorazione, ma l’esperienza nel cinema, oltre che formativa, è stata molto forte anche dal punto di vista emotivo, visto il luogo dove è stato realizzato il set.

I primi giorni di lavorazione sentivo un’energia molto forte che ora posso affermare di aver provato solo lì, tra le mura del carcere, come una profonda inquietudine e sensazione di abbandono. Ma grazie a un grande Maestro come Leonardo Fabbri, al quale sono stato affiancato, tutta la mia energia è stata rapita dall’imponente lavoro di scenografia. Dal punto di vista professionale mi ha regalato una delle esperienze più belle e importanti della mia vita.

  • Sei molto legato alle radici, soprattutto quelle della tua terra, tieni molto alla memoria storica. Faccio questa affermazione in merito alla realizzazione del Murales di Badesi in omaggio al maestro Tosino Anfossi?

Peppino Anfossi: La realizzazione di un murale a Badesi è stato per quanto mi riguarda un consolidamento del legame che ho con la Sardegna e principalmente con la mia famiglia. Una dedica a Tosino Anfossi mi è sembrata doverosa, soprattutto per il suo operato artistico, purtroppo secondo me poco riconosciuto. Mio padre ha lavorato una vita perché gli venisse riconosciuta la sua importanza artistica e per questo sono contento di essere riuscito a realizzare il murale prima che mio padre venisse a mancare.

Nella mia opera dedicata a Tosino Anfossi credo di esser in qualche modo riuscito a rendere umilmente giustizia al “murale” come io credo debba essere inteso: come rappresentazione pittorica. Oggi mi sembra ci sia tanta confusione da questo punto di vista, soprattutto con l’avvento della street art. Vedo tantissime opere più che altro decorative e molto lontane da quello che un murale dovrebbe esprimere, senza ovviamente entrare in merito alla bellezza di molti lavori che conosco, ma manca proprio “l’anima” del murale, che soprattutto in Sardegna ci contraddistingueva.

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Foto: Gianfilippo Masserano
  • Il tuo rapporto con la spiritualità?

Peppino Anfossi: Il mio rapporto con la spiritualità è molto complicato, come credo un po’ per tutti, visto che ovviamente si è anche modificato con il tempo. Mi condiziona molto l’energia che mi arriva dalle persone e dalla natura. La percepisco come una vibrazione che sento molto forte addosso, che inconsciamente assorbo ovunque mi trovi, ed è come se al mio interno non trovassi mai un equilibrio dove stare a mio agio. Lo stare fermo mi fa estremamente soffrire, così mi ritrovo sempre alla ricerca di un rifugio, ma poi, quando lo trovo, non mi basta più e ne cerco altri. Non so se questo sia esattamente un rapporto con la spiritualità, ma si avvicina molto a quello che credo sia il rapporto dell’uomo nei confronti della natura e della religione. Mi sento un po’ come intrappolato nella rete virtuale, una blockchain spirituale.

  • Paul Klee affermava: “L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è”. Mi sembra che questa affermazione sia il sunto di quello che ci siamo raccontati, cosa ne pensi?

Peppino Anfossi: Sono allineato al suo pensiero!

di Benito Olmeo

Foto di copertina ©Salvatore Abbotto

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