di Benito Olmeo

Nata ad Olbia il 1 Dicembre 1990, già in tenera età Ilaria Manzoni manifesta una spiccata attitudine alla produzione artistica in generale, eseguendo ritratti a matita o penna su fogli di carta. A sei anni partecipa alla sua prima competizione artistica presso il Circolo Nautico di Olbia classificandosi al terzo posto. Studia al Liceo Artistico Fabrizio De Andrè di Tempio Pausania seguendo l’indirizzo Accademia-Architettura e si iscrive all’Accademia di Belle Arti Mario Sironi di Sassari, indirizzo “Pittura”, dove ha la possibilità di sperimentare svariate tecniche artistiche – incisione, pittura, scultura – e sviluppa ancora di più la sua arte. Laureata con una tesi dedicata all’illustrazione naturalista, è attualmente iscritta alla specialistica di Pittura ed esegue diverse tipologie di lavori. Espone le sue opere al Museo MAS.EDU (2016) e al Museo G. A. Sanna di Sassari (2017) per le mostre “Faber FABER” e “Feminae. La donna nell’arte”. Con “Giovani, giovanissimi” ha la possibilità di esporre la sua serie di lavori al May Mask di Cagliari, ottenendo un buon seguito. Nel settembre del 2017 ha avuto la possibilità di esporre i propri lavori nello Spazio artistico-culturale “Domo de Arte”.
(Introduzione alla serie degli animali)
Pur traendo scaturigine dalle intuizioni più disparate, le opere di questa serie, che attinge le sue entità da diversi domini del mondo naturale, convergono nel tracciare l’equilibrio di un contrasto armonico mediante la scelta non casuale di una tecnica – la scala di grigi su sfondo antracite – che già nel suo attuarsi possiede il contrasto che vuole testimoniare, esaltandolo. Una diversità non necessariamente polarizzata ha rimandi meno immediati tra gli elementi che la compongono: è spaesante. Ma superato un disorientamento iniziale, a sorprendere è la nitida percezione di un nesso soggiacente i canoni dell’esperienza, che concede plausibilità all’assurdo, natura al paradosso: un nuovo equilibrio per una nuova natura.

Quando e come l’arte è entrata a far parte della tua vita?

Purtroppo non posso ricordare l’esatto momento, so per certo dai racconti dei miei genitori che già da piccolissima il mio passatempo preferito consisteva nel disegnare; che fossi a cena fuori con i miei, a casa mia o dai nonni, mi bastava avere un foglio e una matita per stare benissimo. Sono passati un po’ di anni ma non è cambiato nulla. Fortunatamente i miei hanno riconosciuto da subito la mia passione, hanno sempre cercato di stimolarmi senza mai forzare nulla. Spesso chiedevo loro album da disegno, colori, e loro aggiungevano qualche extra come libri e manuali da disegno per bambini. Che belli, ci passavo ore! In seguito, le scelte scolastiche sono state abbastanza semplici. Ero sicura di voler frequentare il liceo artistico per poi, successivamente, iscrivermi all’Accademia di Belle Arti. E così è stato.

Ci racconti il tuo rapporto tra studio e sensibilità artistica?

Penso siano due punti importanti ma differenti. Per accrescere le conoscenze in campo artistico, sia nella teoria che nella pratica, lo studio è necessario, sia questo accademico o autonomo. Ma la sensibilità artistica è un qualcosa di totalmente diverso. Al di là dell’accrescimento che deriva dallo studio, non credo si possa impararla: la senti, la capisci e la coltivi. Per me è la sensibilità artistica che meglio descrive e determina un artista.

C’è un artista che ti ha colpito e influenzato?

Influenzato no, ma ne amo molti: dalle geometrie impossibili e i giochi ottici di M.C Escher, alle suggestioni poetiche di Magritte; dall’intensità di Caravaggio, all’uso dei colori di Van Gogh. Sono molto differenti gli uni dagli altri, ad accomunarli è il trasmettermi sempre qualcosa di forte.

Qual è la tua idea sull’attuale situazione artistica a Sassari e sugli spazi di esposizione?

Sono a conoscenza di vari spazi di esposizione ma solo di alcuni direttamente, perciò non conoscendo bene le dinamiche non saprei dare un giudizio. Posso però dire di aver avuto modo di esporre in alcuni di questi, come il Museo Mas.Edu (collettiva), il Museo Archeologico ed Etnografico G. A. Sanna (collettiva), e lo spazio Domo De Arte (personale).

Quando mi confronto con un artista sull’arte in senso stretto, mi fa piacere capire il suo punto di vista sulla sensibilità e sulla gestualità, due elementi che ritengo fondamentali per creare arte. Cosa ne pensi?

Secondo il mio punto di vista sono complementari. La gestualità è più che fondamentale, perché è soprattutto attraverso questa che si può dare un senso concreto a quello che si vuole esprimere. Se si può capire abbastanza di una persona già solo dalla grafia, quanto può diventare potente il gesto che non si limita ad uno scritto ma invade lo spazio? Ognuno di noi con la gestualità esprime qualcosa: dal gesto più nervoso al più delicato, dal più freddo e distaccato al più intenso, il gesto, unito alla sensibilità, crea.

“L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è”. Ti rispecchi in questa frase di Paul Klee?

Preferisco evitare le definizioni perché sono sempre limitanti. Paul Klee rinnega la semplice rappresentazione della realtà, utilizzando profondamente la sua immaginazione per arrivare all’essenziale. Nella mia serie ricorrono soggetti reali e facilmente riconoscibili; è la loro combinazione a essere surreale. Di sicuro l’arte rende possibile tutto, ed è per questo che è meravigliosa.

I tuoi lavori a livello tecnico sono sublimi. Mi spieghi la scelta di lavorare graficamente con animali e con un tono che spazia nel surreale (mi riferisco ad esempio al gatto con la lumaca sulla lingua)?

Il lavoro del gatto con la lumaca è il primo di questa serie. Non so di preciso cosa sia successo il giorno in cui l’ho realizzato, ma so che dopo questo lavoro ne è nato un altro, e poi un altro ancora. Sono tutte situazioni surreali. Fondamentalmente mi diverto. “Gioco” – in maniera libera ma non casuale – con gli animali, creando una mia visione della natura.

Dovendoti autodefinire cosa diresti sui tuoi lavori e sulla tua collocazione artistica?

Autodefinirmi non fa proprio per me, cerco di fare semplicemente quello che sento. Sempre. Ho iniziato con questa serie qualche anno fa e continua ancora, ma non ne considero le opere come un insieme di lavori finiti bensì come idee. Idee da sviluppare in altri formati e in altri campi. Allo stesso tempo ho in progetto lavori del tutto diversi da quelli di questa serie, di conseguenza mi è proprio difficile non solo autodefinirmi ma anche collocarmi artisticamente. In realtà ne sono felice, per ora so solo che ho tante idee che vorrei portare avanti.

Una domanda con la quale chiudiamo spesso i nostri incontri è: chi è, in realtà, Ilaria Manzoni?

Bella domanda, sono curiosa anche io!

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