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Vi invitiamo a leggere questa lunga e interessante intervista che Alessandro Gazale ha cortesemente rilasciato alla nostra rivista. La sua carriera dagli esordi fino ai recenti successi, uno spaccato della sua vita professionale e della sua figura di artista e uomo.

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Alessandro Gazale, l’intervista

  • C’è stata una causa scatenante che ti ha avvicinato al mondo dello spettacolo?

Alessandro Gazale: La passione è nata con me. Ancora piccolo, già mi divertivo a intrattenere e a far ridere i miei compagni di scuola, alle elementari prima, e nella scuola media e alle superiori dopo. C’era sempre qualcuno a cui raccontare le mie barzellette o le piccole storielle, le mie battute, o a cui far sentire le mie imitazioni. Erano già dei piccoli spettacoli in piena regola pur nella loro semplicità, e siccome tutti si divertivano, io continuavo, divertendomi quanto e più di loro. Il palcoscenico variava in continuazione. Ora era l’aula, ora la strada, ora lo stadio, ora il pullman durante una gita scolastica. E qualcuno era sempre disposto a farmi da spalla. Poi un bel giorno, il mio amico attore Carlo Valle, mio compagno d’arte per eccellenza fin dalla prima elementare, mi ha detto che ci avevano proposto di condurre una trasmissione alla radio. Così è iniziato tutto. Avevamo diciott’anni. Quella scelta ha rappresentato per tutti e due la svolta, l’inizio della nostra carriera artistica.

  • Nel lontano 1979 iniziate infatti insieme un felice periodo da conduttori radiofonici e poi da cabarettisti. Raccontaci com’è andata.

Alessandro Gazale: Quando Carlo mi disse che ci volevano affidare una trasmissione in un’importante emittente radiofonica della città, non ci ho pensato due volte, e il giorno stesso abbiamo iniziato a scrivere i testi delle nostre prime trasmissioni. Ci siamo buttati in quest’avventura con testi originali ideati da noi, un intrattenimento piacevole e leggero, fatto di battute, di chiacchierate divertenti e di improbabili personaggi che intervenivano a sorpresa durante la trasmissione. Poi è arrivato anche il cabaret, perché abbiamo iniziato ad organizzare anche qualche serata dal vivo per intrattenere il nostro primo fedelissimo pubblico, e subito dopo ci siamo uniti a un altro gruppo di artisti, per offrire uno spettacolo più strutturato e vario. Ci si esibiva nei Pub, nei circoli, che allora nascevano come funghi in ogni angolo della città, nelle discoteche. Ricordo una bellissima serata organizzata per beneficenza al teatro Verdi di Sassari durante la quale avevamo proposto i nostri cavalli di battaglia.

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  • Spiegaci com’era il mondo artistico nella Sassari di allora, parlaci del gran fiorire di nuovi artisti e di nuove compagnie di quegli anni.

Alessandro Gazale: A Sassari in quegli anni c’era davvero un grande fermento di nuove figure che operavano in ogni campo artistico. Si sentiva parlare ovunque di pittura, di scultura, di musica, di danza o di teatro. Ci si riuniva per provare, comporre, suonare, recitare, dipingere, scrivere, o più semplicemente per leggere e per confrontarsi. Lo si faceva ovunque, nelle salette, nei garage, nelle soffitte, nelle scuole, negli oratori, negli spazi delle tante associazioni culturali, e persino per strada o nei bar. Tanti dei grandi artisti che si esibiscono ancora oggi sui palchi di tutta la Sardegna e non solo, sono nati e si e si sono formati proprio in quegli anni. I miei amici del gruppo dei Tazenda, per citarne uno. E in quegli anni, e non poteva essere che così, si sono formate anche le prime, storiche compagnie di Teatro. Nel 1976 viene costituita ufficialmente La Compagnia Teatro Sassari e solo due anni dopo La botte e il cilindro e lAssociazione Teatrale Nuovo Sipario ’78, la compagnia dove è iniziata la mia lunga esperienza di teatro. Ma sono tanti altri i gruppi di teatro che hanno visto la luce in quegli anni e tanti sono tuttora in piena attività.

  • Nel 1987 entri a far parte della Compagnia Teatrale Nuovo Sipario 78. Raccontaci come ti sei avvicinato al mondo del Teatro e come sono stati gli anni della tua crescita artistica in questa compagnia.

Alessandro Gazale: Negli anni della radio e del cabaret il teatro inizia ad affascinarmi sempre di più, e il desiderio di recitare in una delle compagnie di teatro presenti in città matura sempre più forte. Andavo spesso a vedere i loro spettacoli e sognavo di poter salire anch’io, un giorno, su quelle tavole con loro. Ma non osavo chiedere, e il teatro è rimasto per anni un miraggio lontano, un lusso per pochi e fortunati appassionati. Poi invece, dopo un’attesa di alcuni anni, l’opportunità tanto sognata mi si è presentata su un piatto d’argento. Era la primavera del 1987, e Silvana Ganga, allora regista della Compagnia Nuovo Sipario ’78, mi chiese tramite la figlia se fossi disponibile per fare una parte in una loro commedia. Si trattava di uno spettacolo molto divertente e l’attore titolare in quel momento era impossibilitato a garantire il suo impegno anche per le repliche. In quell’attimo ho visto concretizzarsi il sogno di una vita e così ho fatto quella commedia e poi tante altre. Sono rimasto nella compagnia fino al 2004 diventandone anche socio effettivo. Sono stati anni intensi e ricchi di attività, durante i quali ho potuto fare esperienza anche negli altri settori dello spettacolo, diventando, a seconda delle necessità, ora tecnico dell’audio e delle luci, ora direttore di scena, ora scenografo. Un’esperienza a tutto tondo che mi è tornata utilissima anche nella gestione dei vari laboratori di teatro organizzati negli anni a seguire. Durante il periodo di permanenza nella compagnia, abbiamo portato sulla scena tantissime opere, con la regia di Silvana Ganga prima e con quella di Pierangelo Sanna dopo, tratte prevalentemente dai repertori di Gilberto Govi, di Eduardo e Peppino de Filippo e dei nostri bravissimi autori isolani, Giovanni Enna, Franco Enna e Battista Ardau Cannas, per citarne solo qualcuno.

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  • Poi passi alla Compagnia Teatro Sassari.

Alessandro Gazale: Sì, nel 2007, dopo una pausa di tre anni dalle scene, sono stato contattato dalla Compagnia Teatro Sassari per lo spettacolo “La cantatrice calva”, di Eugène Ionesco. Anche in questo caso mancava un attore e ho subito accettato. Inizialmente doveva essere un impegno per quell’unica rappresentazione ma poi la collaborazione è andata avanti. Anche la produzione artistica con la Compagnia Teatro Sassari è stata molto intensa e importante con i diversi registi che si sono alternati nel tempo: Giampiero Cubeddu, Alfredo Ruscitto, Emanuele Floris e Marco Spiga. Dopo Ionesco, sono arrivati Checov, Pirandello, Dürrenmatt, Goldoni, Feydeau, Petito, Simonetta, Hannequinn e i nostri Leonardo Sole, Giovanni Enna, Anton Paolo Tanda, Emanuele Floris e Cosimo Filigheddu. Poi nel 2014 ho dovuto scegliere. Teatro o cinema? E ho scelto il cinema.

  • Come ci si prepara per un lavoro teatrale? C’è qualche segreto che non conosciamo?

Alessandro Gazale: No, nessun segreto. Solo tanta passione, un giusto tempo per la preparazione e un buon metodo di studio. Il metodo è qualcosa di molto personale e ogni artista ha il suo. Io il mio con qualche piccolo adattamento lo utilizzo anche nel cinema. Il lavoro inizia sempre con la consegna del copione e delle prime importanti indicazioni di regia. Lo stampo su carta e faccio subito una prima lettura, molto importante per le prime impressioni e per cogliere l’essenza della storia e dei personaggi. Poi faccio una seconda lettura, stavolta più attenta, annotando su un quaderno gli eventuali refusi, i punti meno chiari e tutti gli elementi che riguardano il mio personaggio e la sua evoluzione nella storia, compresi i luoghi e i tempi dell’azione, le motivazioni che ne determinano le azioni, il rapporto che ha con gli altri personaggi. Quindi riscrivo tutto il copione su un nuovo file word e apporto tutte quelle modifiche che sono necessarie per eliminare tutto ciò che non è utile in fase di studio. Stampo tutto, pinzo i fogli ed evidenzio in giallo tutte le mie battute. A quel punto inizia il lungo lavoro di memorizzazione che si concluderà solo quando sarò finalmente in grado di ripetere tutte le battute senza più guardare il testo. Contemporaneamente, partendo dagli elementi noti, ricostruisco un passato al mio personaggio, aiutandomi con la fantasia per i pezzi mancanti, fino a definire chi è, cosa fa e da dove arriva, e quali gioie e dolori ne hanno caratterizzato la vita prima della sua apparizione sulla scena. Avere il maggior numero di informazioni sul personaggio mi aiuta nel lavoro di immedesimazione ed è un lavoro che fanno tanti artisti. È per questo che durante la preparazione vado anche alla ricerca di luoghi e persone che assomiglino il più possibile a quelli descritti nella storia. Vado ad attingere dalla vita reale, ad osservare e ad ascoltare quel mondo che di lì a poco dovrò portare sulla scena.

  • Come vivi invece il giorno della prima?

Alessandro Gazale: Il giorno della prima è sempre un giorno particolare, perché mille sono le domande e i dubbi che ti poni sulla rappresentazione. Niente è scontato e il pubblico è attento, preparato ed esigente. La preparazione inizia dalla mattina, con la sveglia e i primi tre o quattro caffè, poi la doccia, la barba e la cura del corpo. Poi inizia la preparazione dei trucchi e dei costumi, ben sistemati uno a fianco all’altro e uno sopra l’altro nella valigia, provvedendo alla spunta dall’elenco dopo ogni capo sistemato. Il pranzo generalmente lo salto e quel tempo lo dedico al ripasso della parte. Prendo cioè la macchina e vado in campagna o al mare dove inizio a camminare sull’erba o sulla spiaggia, e a ripetere di seguito, più volte e a voce alta, tutte le battute, con il copione in mano ma senza mai guardarlo. Un paio d’ore di questo lavoro e rientro a casa. Altra doccia, altro caffè, e poi vado in teatro arrivando sul posto con largo anticipo. Solitamente arrivo insieme ai tecnici, ma qualche volta arrivo anche prima di loro e raramente dopo. Appoggio le mie cose in camerino e vado a prendermi un altro buon caffè. Rientro in teatro e salgo sul palco. Guardo tutte le uscite, gli arredi, provo i miei movimenti. Poi mi siedo e guardo verso la platea vuota. Respiro tutta l’energia di quel luogo finché iniziano ad arrivare tutti gli altri. Vado in camerino e mentre proviamo le battute inizio a truccarmi. Poi mi vesto. Alla fine andiamo tutti sul palco per provare ancora qualche scena e qualche movimento. Poi il sipario si chiude. Le ultime indicazioni del regista e i riti scaramantici. Il pubblico entra e prende posto. Le loro voci oltre il sipario si mescolano fino a diventare un rilassante sottofondo. Poi il buio. E la magia si compie.

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  • Ci racconti la tua esperienza in questo mondo magico?

Alessandro Gazale: Quando si spengono le luci di servizio creando il silenzio assoluto e senti il rumore del sipario che si apre mentre gradualmente le luci illuminano la scena, è lì, in quel momento, che inizia la magia. È lì che entri in una nuova dimensione, quella della finzione, in tutto diversa da quella reale, una dimensione dove anche un fiore appare più bello, più luminoso e più colorato, e così la sedia o il quadro e pure le pareti. Tutto è diverso in teatro, tutto è molto, molto più bello. E pure tu, là sopra non sei più tu, vestito come mai faresti nella vita e con un trucco che non ti sogneresti mai di farti fuori perché ti sentiresti ridicolo, goffo e fuori luogo. O quell’acconciatura! Fuori no, ma in teatro sì, in teatro quella pettinatura è in perfetta sintonia col personaggio e quel trucco e quel vestito pure. E tu non sei più tu perché hai lavorato tanto per diventare lui, così come altre volte hai fatto per diventare altri. E mentre il pubblico ti guarda, ti ascolta e si diverte, e poi ti applaude e ride, tu continui a dire cose che fuori non diresti mai. E ti diverti insieme a loro, sprigionando un’energia che solo grazie a loro puoi trovare. Tu che dici, non è magia questa?

  • Qual è stata l’opera di teatro che hai sentito in modo particolare?

Alessandro Gazale: Sono diversi i personaggi che ho interpretato negli anni e ai quali sono rimasto particolarmente legato. Ma se devo sceglierne uno ti dico subito Domenico Soriano, il protagonista maschile in Filumena Marturano, l’opera scritta nel 1946 da Eduardo de Filippo, uno dei lavori più belli e più rappresentati di sempre e ancora oggi tra i più apprezzati da pubblico e critica di tutto il mondo. È la storia di una madre, una donna con un passato di grande sofferenza che per difendere l’onore e la vita dei suoi tre figli, fingendosi in punto di morte, riesce con l’inganno a farsi sposare da Domenico Soriano, un ricco e libertino signore borghese con il quale vive ormai da venticinque anni. Il sipario si apre sulla scoperta dell’inganno da parte di Domenico che si ribella con tutte le sue forze e che solo alla fine dei tre atti accetterà di sposarla e di riconoscere quei figli come suoi. È una storia che mi è rimasta nel cuore per la sua forza, per questa lotta senza risparmio tra una donna, apparentemente fragile e sottomessa ma in realtà molto forte e determinata, e un uomo in apparenza forte, dominante, ricco e sicuro di sé, ma in realtà fragile e pieno di dubbi e debolezze. Una storia in cui la donna trionfa sull’uomo grazie alla forza dell’amore per i suoi figli. Interpretare il personaggio di Domenico Soriano è stata una grande sfida e ha rappresentato un importante momento del mio percorso artistico. La commedia, con la regia di Pierangelo Sanna e con una straordinaria Chiara Ara nei panni di Filumena, ha avuto un grandissimo successo di pubblico.

  • Raccontaci un aneddoto legato al periodo teatrale.

Alessandro Gazale: Eravamo alla vigilia di una nuova rappresentazione e dovevamo mettere in scena un atto unico e una farsa in due atti. Io dovevo aprire la serata con l’atto unico ma all’inizio della prova generale una brutta telefonata ci avvisava del ricovero d’urgenza della protagonista della farsa. Ricordo un lungo silenzio, poi il regista Pierangelo Sanna mi ha detto che il giorno si doveva comunque andare in scena. “E come si fa a sostituire la protagonista con lo spettacolo domani?” “La fai tu! Ma se non te la senti non sei obbligato. Decidi tu!” Ho studiato senza mai fermarmi neanche per mangiare un boccone, senza dormire e qualche ora prima della rappresentazione ero già sul posto. Ero stanchissimo, mi fischiavano le orecchie e sentivo anche freddo, nonostante fossimo in piena estate. La memoria più o meno c’era, ma sapevo bene che se mi fossi dimenticato anche una sola battuta non sarei più riuscito ad andare avanti. Abbiamo fatto giusto qualche prova per provare la memoria, gli ingressi e le posizioni, e poi è arrivato il “Chi è di scena?”. L’atto unico è filato via liscio. Poi è iniziato il secondo spettacolo e il terrore ha iniziato a impossessarsi di me. Non ho molti ricordi, solo che entravo e uscivo in continuazione dalla scena e che ad ogni uscita cercavo disperatamente il copione per vedere velocemente le battute della scena successiva. Finché il sipario è calato definitivamente. Buio. Silenzio. E poi gli applausi. Tanti. Ero stremato ma felicissimo. Anche quella sera lo spettacolo è stato portato a casa con successo! L’attrice aveva fatto degnamente la sua parte.

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  • Nel 2006 consegui a Roma la qualifica di aiuto regista per il cinema. Come mai questa esigenza?

Alessandro Gazale: La formazione e lo studio sono fondamentali in qualsiasi professione e non avendo potuto frequentare da ragazzo un’accademia di recitazione, ho avuto sempre l’esigenza di leggere tanto per colmare le mie lacune, partecipando anche, quando possibile, a master o corsi di teatro e di cinema. In quel periodo avevo anche attivato un laboratorio di cinema per bambini e volevo saperne di più. Così mi sono iscritto a questo corso di due anni e ho preso il titolo di aiuto regista. Il corso è stato molto utile ed era diviso in quattro grossi blocchi di interesse: Sceneggiatura, Montaggio, Fotografia, e Suono, con incontri aggiuntivi di approfondimento, fra i quali uno particolarmente interessante di 12 ore tenuto dal regista Giuseppe Tornatore. Quel corso mi ha dato le basi per scrivere una sceneggiatura, per girare un film e per montarlo. Dopo quel corso mi sono anche dotato di attrezzature un po’ più professionali rispetto a quelle che usavo al tempo per poter girare un film con una qualità migliore.

  • Come inizia invece la tua carriera artistica nel cinema?

Alessandro Gazale: Non ho mai chiesto o preteso niente. Il teatro mi ha chiamato e così è stato anche per il cinema. Nel 2007 sono stato contattato da tre registi per recitare in tre diversi cortometraggi: “L’Appuntamento” di Giovanni Loriga, “Dora e Mollica” di Antonio Maciocco e “Underwater” di PJ Gambioli (Vincitore del Sardinia Film Festival 2007” e del “Fedic d’Oro 2008”). Era per loro il lavoro conclusivo di un corso di formazione per il cinema organizzato a Sassari dalla New York Film Academy. È stata una bellissima esperienza e mi sono divertito molto. Due anni dopo Antonio Maciocco mi ha chiamato per un altro piccolo ruolo nel suo mediometraggio “Permesso”. Anche se il cinema mi incuriosiva molto, il teatro rimaneva comunque la mia grande passione. Poi nel 2012 ho ricevuto la telefonata del regista Bonifacio Angius. Ancora non lo conoscevo e davanti a un buon caffè mi ha fatto leggere la sceneggiatura di un suo corto chiedendo la mia disponibilità per la parte del protagonista maschile. Ho accettato e da lì è partita una collaborazione durata più di otto anni. Nel 2014 ho avuto una parte nel film Perfidia, nel 2016 la parte da protagonista maschile nel corto Domenica e nel 2018 quella da protagonista maschile nel film Ovunque Proteggimi.

  • Prima hai detto che a un certo punto ti sei trovato costretto a fare una scelta tra il teatro e il cinema e hai scelto il cinema.

Alessandro Gazale: Il teatro ti chiede un impegno e una disponibilità costanti perché le stagioni artistiche si susseguono per tutto l’anno e il tempo che ti chiede non riguarda solo la preparazione di uno spettacolo, perché dopo la prima devi garantire anche le repliche, che vanno avanti fino all’allestimento successivo. Il tempo richiesto inizialmente dal cinema non era invece tantissimo e veniva sempre concordato sulla base di tutti gli altri impegni. Insomma, c’è stato un lungo periodo in cui gli impegni del teatro e quelli del cinema si incastravano ottimamente senza accavallarsi l’uno con l’altro. Poi però è arrivato un momento in cui ho dovuto fare una scelta. Il cinema aveva iniziato a prendersi sempre più tempo creando difficoltà alla compagnia nell’organizzazione degli spettacoli. E in quel momento per correttezza nei loro confronti, ho dovuto scegliere. Ho scelto il cinema. Stavamo iniziando il lungo lavoro di preparazione del film Ovunque Proteggimi.

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  • “Ovunque Proteggimi” ti porterà poi a vincere anche diversi premi, tra i quali il premio Gassman. Cos’ha significato per te quel momento a livello umano e artistico?

Alessandro Gazale: Immagina tu cosa può significare per un attore, a livello emotivo, a livello personale e a livello artistico, ricevere al Bari Film Festival il Premio Vittorio Gassman come migliore attore protagonista dell’anno 2019, e riceverlo dalle mani dell’attrice Donatella Finocchiaro sul palco di un teatro Petruzzelli stracolmo, davanti ai volti più noti del cinema e del giornalismo italiano. L’anno prima è stato assegnato a Riccardo Scamarcio e l’anno successivo a Pierfrancesco Favino. Quell’anno per la stessa interpretazione ho ricevuto anche il premio come Migliore interpretazione maschile al 37° Valdarno Cinema Film Festival (Fi) e una “Menzione Speciale”, insieme alla protagonista femminile Francesca Niedda, alla 16 Edizione de “La valigia dell’attore”, il prestigioso festival organizzato ogni anno da Giovanna Gravina Volonté e da Fabio Canu sull’Isola La Maddalena. L’anno successivo, nell’estate del 2020, a Marigliano (Na), è arrivato anche un ulteriore riconoscimento alla carriera al XV Festival Napoli Cultural Classic, con il Premio Teatro d’autore 2020. Ricevere questi riconoscimenti mi ha dato una gioia immensa e ho provato delle emozioni grandissime che porterò sempre con me. Se poi vuoi sapere se tutto questo mi ha cambiato ti rispondo che sono rimasto l’Alessandro di sempre.

. E poi hai continuato. Hai fatto altri film.

Alessandro Gazale: Sì, già nell’autunno 2020 ho girato un lungometraggio con il regista sassarese Paolo Pisanu dal titolo Tutti i cani muoiono soli. Un padre, scritto dallo stesso regista e dallo scrittore sassarese Gianni Tetti. Nel settembre 2021 ho avuto un ruolo da co-protagonista nel film dal titolo provvisorio “Su in Barbagia”, scritto e diretto da Tomaso Mannoni, con Fabio Fulco e Astrid Meloni e infine, tra il novembre e il dicembre dello stesso anno ho partecipato alla realizzazione del film Ipersonnia, scritto e diretto da Alberto Mascia e interpretato dall’attore Stefano Accorsi. Questi film sono ancora tutti in fase di post produzione e la loro uscita al cinema è prevista entro l’anno. Tra fine marzo e metà luglio ho poi avuto una parte nella serie Tv in otto puntate intitolata “Il Re”, prodotta da Sky Original e da Luca Zingaretti e con la regia di Giuseppe Gagliardi.

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  • Parliamo di quest’ultimo lavoro. Tu nella serie interpreti uno dei Pretoriani, i fedelissimi del Direttore, interpretato da Luca Zingaretti. Parlaci di questa esperienza.

Alessandro Gazale: Il Re è una serie televisiva italiana di genere drammatico del 2022, in otto puntate, diretta da Giuseppe Gagliardi e prodotta da Sky Studios, The Apartment, Wildside e da Luca Zingaretti. È il primo prison drama italiano ed è interpretato da Luca Zingaretti, Isabella Ragonese, Anna Bonaiuto, Barbora Bobulova e Giorgio Colangeli. La fotografia è di Carlo Rinaldi e le scenografie di Simone Taddei e Paki Meduri. La serie è andata in onda nel marzo scorso su Sky Atlantic e su Now tv. L’avventura è iniziata nel novembre precedente, quando sono stato contattato per un provino a distanza (self-tape). Mi trovavo sul set del regista Paolo Pisanu e grazie anche alla loro collaborazione abbiamo fatto il video e l’ho spedito. È piaciuto e nel dicembre successivo sono andato a Roma per un secondo provino in presenza del regista, Giuseppe Gagliardi, che avevo già conosciuto l’anno precedente in occasione del Festival di Valdarno. Ho avuto la parte e ho iniziato subito lo studio. Poi sono partito. Il primo giorno di riprese sono stato accolto da un sorridente Giuseppe che appena mi ha visto si è subito avvicinato e dopo un buon caffè insieme mi ha mostrato il set e mi ha presentato a tutti i presenti. Tutti premurosi, tutti gentili, tutti sorridenti e molto attenti a non farmi mancare nulla. In quell’occasione ho conosciuto per la prima volta anche i miei colleghi pretoriani, quelli che di lì a poco sarebbero diventati i miei più grandi compagni di viaggio e oggi miei grandi amici. Poi trucco, costume e subito sul set a girare la prima scena: durante un’ispezione nella grande cucina aziendale mi accorgo che una grata del condotto di aerazione è stata segata e bisogna avvisare subito il direttore. A fine ripresa, il sorriso di Giuseppe con il pollice alzato. Il battesimo era fatto. Davide Piras, il mio personaggio, è un sovrintendente capo, e fa parte, insieme all’attrice Isabella Ragonese e agli attori Antonio Gargiulo, Salvatore D’Onofrio, Paolo Bovani, Federico Pasquali e Peppe Voltarelli, dei Pretoriani, i fedelissimi del direttore, Bruno Testori, interpretato da Luca Zingaretti, che gestisce il San Michele, un carcere di frontiera, applicando la sua personale idea di giustizia. Di origine sarda, Davide Piras è il braccio destro del direttore, l’agente più temuto dai detenuti, il più bastardo, quello con cui è meglio non avere a che fare, il più cattivo, il più violento. Quattro mesi di riprese, da marzo a luglio dello scorso anno, iniziate a Civitavecchia e proseguite a Roma, poi a Torino e infine a Trieste. Abbiamo iniziato in piena pandemia, su un set blindato e imprigionati dopo le riprese nell’hotel che ci ospitava. Ma è stata proprio questa chiusura a farci stare sempre insieme e a far nascere delle belle e solide amicizie. È stata un’esperienza straordinaria, un momento di grande crescita personale e artistica, vissuta accanto a professionisti di altissimo livello. Quattro mesi intensi durante i quali ho imparato tanto già solo guardandola, quella complessa e meravigliosa macchina organizzativa e artistica in azione. Cercavo di non farmi sfuggire niente di quel momento magico che stavo vivendo. E se il mio rapporto con Giuseppe è stato fin da subito straordinario sia dal punto di vista professionale che per la grande sensibilità e umanità che regalava a tutti, anche in Luca Zingaretti ho trovato un grande compagno di viaggio. I primi giorni di lavoro sul set lo osservavo e vedevo un grande professionista molto concentrato e attento a tutto ciò che gli stava intorno, percepivo la sua grande responsabilità per l’impresa colossale che stava affrontando, ma vedevo anche una persona molto generosa e piena di energia e di entusiasmo che con grande umiltà e un estremo rispetto per gli altri, caratteristiche queste dei veri grandi, dispensava preziosi consigli e motivava tutti perché la scena si chiudesse sempre al meglio delle possibilità. Se Giuseppe era l’allenatore della squadra, lui era sicuramente il capitano, il nostro punto di riferimento sul set. Detto questo, era normale che anche con lui il rapporto di conoscenza prima e di amicizia dopo, dovesse continuare anche fuori dal set. Noi pretoriani abbiamo trascorso tante piacevolissime serate con il nostro re, ora davanti a una birra e ora davanti a una bella carbonara, incantati davanti al suo entusiasmo e alla sua energia mentre si parlava della serie, di progetti futuri o più semplicemente di noi e delle nostre vite. Adesso simo tutti in attesa della chiamata per le riprese della seconda stagione. Per rivederci e per ricominciare insieme.

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  • Il Re. Cos’ha significato per te vivere (pur nella finzione), i soprusi e gli errori di una giustizia che dovrebbe riabilitare e farsi portavoce di uguaglianza, di rispetto e di giustizia?

Alessandro Gazale: La serie racconta una storia molto cruda i cui fatti si sviluppano prevalentemente all’interno di un carcere di frontiera, gestito dal suo direttore e dai suoi fedelissimi con metodi al di sopra della legge con l’obiettivo di tenere tutto il sistema sotto controllo. Preciso però che la serie non è né vuole essere un docu-film sul sistema carcerario italiano ma è un film di finzione che non fa riferimento a nessun fatto o avvenimento di cronaca realmente accaduto, anche se a volte, nella realtà, come sappiamo, il sistema talvolta qualche falla l’ha pure mostrata. Interpretare un personaggio in divisa cattivo e corrotto come Piras non equivale a denunciare il nostro sistema carcerario italiano ma affrontare semmai, per quanto mi riguarda, una nuova e importante esperienza artistica. Mi sono pertanto concentrato sul mio personaggio per renderlo credibile il più possibile all’interno di quella situazione, senza farmi condizionare dal mio personale giudizio in materia carceraria che è un’altra cosa. È come interpretare un marito assassino all’interno di una famiglia in crisi o un insegnante violento e perverso all’interno di una scuola. Sono personaggi e situazioni estreme che purtroppo a volte esistono anche nella realtà, ma che sicuramente non sono sufficienti per mettere in crisi l’istituzione famiglia o l’istituzione scuola. Inoltre, interpretare un personaggio non mi obbliga necessariamente a condividere il suo modo di agire o di pensare. A capirlo sì, a condividerlo no. Con mio fratello Vittorio tra l’altro in un carcere di massima sicurezza ci lavoriamo da anni con un laboratorio di teatro organizzato in stretta collaborazione con la direzione, l’area educativa e con il corpo della polizia penitenziaria e ovviamente il sistema che vedo là dentro e che i reclusi ci raccontano non ha niente a che vedere con le vicende narrate nella serie tv.

  • Il dietro le quinte, la convivialità, l’empatia, i rapporti personali, come li hai vissuti con i tuoi colleghi. Raccontaci qualche aneddoto o particolare che noi spettatori attenti non conosciamo.

Alessandro Gazale: Un po’ a questa domanda ti ho già risposto, perciò mi limiterò a dirti qualcosa di più sul gruppo dei miei amici Pretoriani con i quali oltre al set ho condiviso anche lo stesso hotel e con i quali ho trascorso praticamente ogni momento libero. Isabella Ragonese alloggiava da un’altra parte rispetto a noi ma anche con lei abbiamo trascorso tante bellissime serate insieme. Noi però eravamo davvero un corpo unico. Con Antonio, Salvatore, Paolo, Federico e Peppe, abbiamo legato subito, è stato un vero e proprio colpo di fulmine, e quando non potevamo stare tutti insieme per via delle convocazioni, il gruppo perdeva un po’ di quello smalto e di quell’energia che ritrovava poi quando eravamo di nuovo tutti insieme. Tutti diversi per regione di appartenenza e per età, ma molto simili per carattere e per formazione artistica, provenendo tutti chi dal teatro, chi dal cinema, e chi da tutti e due, e tutti con esperienze professionali molto importanti alle spalle. Abbiamo legato subito, siamo diventati molto amici e questo spirito pretoriano ce l’abbiamo portato a casa anche al termine delle riprese. Da buoni amici, continuiamo a sentirci con una certa frequenza. Abbiamo condiviso i momenti più belli del set e un momento particolarmente bello lo voglio raccontare per farti capire meglio lo spirito dei Pretoriani. Eravamo a Torino, erano gli ultimi giorni di riprese previsti in questa splendida città. Dovevamo girare tutta la notte sui tetti del San Michele e Paolo, nonostante in quel giorno non fosse convocato sul set, pur di stare con noi si era messo ugualmente in viaggio da Pescara con un borsone pieno di arrosticini, trecento per l’esattezza, e con tutto l’occorrente per cucinarli alla brace. Insomma, per farla breve, buona parte della notte era andata via così, tra Paolo che cucinava generosamente gli arrosticini per tutta la troupe e tutti gli altri che tra un ciak e l’altro si fiondavano da lui per gustare quella bontà che mandavano giù insieme a un buon bicchiere di vino abruzzese. Fantastico Paolo. Ecco, questi sono i Pretoriani. E questo era il clima che si respirava.

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  • Cosa significa per te l’altro tuo lavoro? Mi riferisco alla scuola.

Alessandro Gazale: La scuola è il mio lavoro, ha sempre occupato un posto molto importante nella mia vita, ma mi piace proprio e quando me ne allontano per qualche tempo dopo un po’ sento forte il bisogno di tornarci. E poi a scuola mi ricarico. Insomma, vivo la scuola con la stessa passione di quando faccio teatro o cinema e forse anche di più. Ho iniziato a insegnare subito dopo l’ISEF, negli anni Novanta, con qualche supplenza di Educazione Fisica alle scuole medie e alle scuole superiori. Ma il lavoro era poco e non bastava a coprire tutto l’anno, così quando il ministero ha bandito i concorsi per la scuola, oltre a partecipare al concorso per l’insegnamento dell’educazione fisica nella scuola media, sfruttando il diploma delle magistrali ho partecipato anche al concorso ordinario per l’insegnamento nella scuola elementare e nella scuola materna. In più mi sono preso il titolo polivalente per il sostegno. Da lì ho iniziato a fare supplenze nella scuola elementare e nel 1997 sono passato di ruolo come insegnante di sostegno nella scuola materna. Quando poi nel 2000 è arrivato il ruolo per l’insegnamento dell’educazione fisica, sono passato definitivamente alla scuola media dove insegno tutt’oggi. Mi sono sempre trovato bene in ogni ordine di scuola e nonostante il teatro e il cinema occupino una parte molto importante nella mia vita, credo che la scuola rimanga a tutt’oggi la mia occupazione preferita. Quando sono a contatto con i bambini o con i ragazzi sono nella mia dimensione ideale. Ho sempre avuto con gli alunni un ottimo rapporto e semmai qualche problema l’ho sempre avuto con i grandi, mai con loro. E questo mio vivere la scuola in modo sereno e appagante è anche il motivo che mi ha spinto a passare sempre più tempo con i miei alunni, ad organizzare per loro attività aggiuntive di teatro e di cinema, attività delle quali, e oggi più che mai, c’è sempre più bisogno.

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  • Infatti con un gruppo di colleghi hai creato nella tua scuola il Laboratorio Permanente dello Spettacolo. Ci racconti in cosa consiste e cosa significa per te formare i giovani per il loro futuro non solo scolastico, ma anche educativo e umano?

Alessandro Gazale: Ho iniziato ad insegnare che già facevo teatro e questa mia passione l’ho sempre portata nelle scuole in cui ho insegnato per condividere questa bellissima e formativa esperienza anche con i miei alunni. Poi, quando ho iniziato a occuparmi di cinema, ho portato anche quello. Tutti i bambini e tutti i ragazzi di tutte le scuole dovrebbero fare queste attività. Credo anzi che sia necessario, e oggi questa esigenza è più forte che mai, inserire in tutte le scuole di ordine e grado una nuova materia che si occupi di educare bambini e ragazzi alle arti dello spettacolo. Siamo già gravemente in ritardo su questo, sull’educare all’amore per le arti sceniche, all’ascolto e al controllo delle emozioni, alla lettura dei linguaggi, al gusto del bello. Parlando dei vantaggi l’elenco è praticamente infinito e organizzare laboratori permanenti per tutti credo che sia il modo migliore per contribuire seriamente a costruire una società più civile. È con questo spirito che organizzo i laboratori per i miei ragazzi ed è per questi motivi che non li destino mai ad una sola classe o alle mie classi, ma a tutti gli alunni della scuola, con un coinvolgimento che si avvicina e che talvolta supera il numero di cento iscritti. Il che vuol dire che non esiste solo l’offerta ma anche, dall’altra parte, una grande richiesta. E questi numeri fanno anche capire perché per la gestione delle attività c’è sempre la necessità di coinvolgere nei progetti anche un adeguato numero di colleghi disponibili. Perché lo facciamo? Perché ci crediamo e perché ci divertiamo. Ma anche perché quando la vita ti regala tanto, e ha me ha dato veramente tanto, diventa quasi un dovere dividere con i giovani una parte di ciò che hai avuto, ed è molto semplice questo, basta insegnare a loro ciò che tu sai fare. In tasca non ci mettiamo una lira, ovviamente, ed è giusto dirlo. Siamo tutti volontari. Altrimenti tutto avrebbe un altro scopo. Quando mi sono trasferito in questa nuova scuola, cinque anni fa, ho visto subito nell’auditorium un palco di cinque metri per quattro. Mi sono guardato intorno per capire quali colleghi potessero avere piacere di collaborare con me e ne ho trovato alcuni con i quali abbiamo attivato il Laboratorio Permanente dello Spettacolo, con un progetto che è stato subito inserito nel piano dell’offerta formativa della scuola. Tre distinti laboratori, uno di teatro, uno di cinema e uno di scenografia. Quell’anno abbiamo realizzato due lavori teatrali, un mediometraggio sul bullismo e le scenografie per l’allestimento degli spettacoli. Avevamo oltre centoventi iscritti. Da lì è iniziato tutto. Oggi i colleghi che operano nel Laboratorio Permanente dello Spettacolo sono diventati tanti. Ne fanno parte i docenti Antonella Pulina, Silvia Bevitori, Piero Mucedda, Aurora Sanna, Francesco Gaspa, Teresa Loriga, Consuelo Bulla, Giovanna Sechi, e i collaboratori esterni Edoardo Pinna, Pierluigi Marcellino e Giovanni Cordella.

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  • Parlaci del progetto “Storie liberate” che avete portato avanti con tuo fratello Vittorio Gazale nel carcere di Bancali.

Alessandro Gazale: È un progetto nato per volere di Vittorio nel 2012 nel carcere di Sassari, finalizzato al recupero e alla digitalizzazione dei vecchi documenti d’archivio abbandonati negli scantinati umidi di San Sebastiano. Documenti straordinari che rischiavano di essere persi per sempre e che un gruppo di detenuti ha salvato e poi studiato beneficiando di una borsa lavoro e dell’art. 21 che gli ha permesso di uscire dal carcere per lavorare negli uffici dei Parchi dell’Asinara e di Porto Conte. Dopo alcuni anni di studio sono arrivate le prime pubblicazioni nelle quali venivano raccontate le storie più emozionanti liberate dall’oblio che hanno interessato diversi artisti come il maestro Piero Marras che ne ha scelto 17 per raccontarle in brani musicali nel suo ultimo lavoro discografico. Nel 2017, visto l’entusiasmo dei detenuti coinvolti, la responsabile dell’area educativa di Bancali, Ilenia Troffa, gli chiese di allargare il progetto e coinvolgere anche quella parte di popolazione detenuta che per motivi di pena non poteva uscire dal carcere. A quel punto sono entrato in gioco anche io e con Vittorio abbiamo iniziato a frequentare con assiduità il cuore della struttura del carcere sassarese, attraverso un laboratorio di drammatizzazione teatrale: una bellissima esperienza professionale ma soprattutto umana. Siamo partiti dalla scrittura del copione che veniva continuamente aggiornato durante le prove di recitazione, a seconda delle diverse personalità e delle numerose integrazioni di vita vissuta che ciascuno di loro apportava. Il risultato finale è stato un racconto vero e crudo di storie di vita di carcerati del passato che provenivano dai fascicoli polverosi degli archivi analizzate e filtrate dagli occhi dei detenuti di oggi. L’introduzione di alcune telecamere durante il lavoro di drammatizzazione, ha offerto ai detenuti un’ulteriore opportunità di comunicazione, la possibilità di raccontare e di trasmettere quelle emozioni e quei sentimenti più profondi, tristemente rimossi e repressi dalla chiusura carceraria. Sono state poi ideate e realizzate le scene e i costumi ed allestito infine un palco temporaneo per le prove e la recita finale, andata in scena dentro il carcere il 30 maggio 2018 davanti a circa 200 spettatori, tra detenuti, direttori di carcere, agenti di polizia, amministratori e cittadini. Attualmente, nel rispetto delle restrizioni dovute alla pandemia da Covid, continuiamo il coordinamento del laboratorio teatrale e, insieme alla Casa Circondariale e all’Associazione dei volontari Oltre i muri, stiamo realizzando un grande palco in legno per rendere ancora più accogliente e motivante il loro lavoro.

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  • Quale è la vostra idea su questa realtà, troppo spesso dimenticata?

Alessandro Gazale: Io penso che il lavoro e la scuola, unitamente alle attività di laboratorio come il teatro, la musica o la pittura, possano dare davvero un grande contributo al complesso lavoro di recupero della dignità della persona reclusa. Sono attività già previste nel difficile percorso di rieducazione portato avanti dall’amministrazione carceraria, e il laboratorio che teniamo noi è un piccolo contributo in tal senso; a mio avviso queste attività dovrebbero essere potenziate e sviluppate ulteriormente, affinché i detenuti possano viverle in misura maggiore di quanto avviene attualmente. Mi piace pensare a una società-carcere dove i reclusi abbiano ogni giorno una possibilità in più rispetto al giorno precedente, agendo, vivendo e lavorando in spazi più vivibili, più grandi e più attrezzati. Ferma restando, ovviamente, la certezza della pena e la sua espiazione.

  • In passato avevate già sperimentato insieme delle attività teatrali?

Alessandro Gazale: Sì, a partire dal 1996 e per una decina di anni avevamo messo a punto un programma di educazione ambientale che si concludeva con una rappresentazione teatrale dal titolo “Sinfonie del Mare”, che solitamente portavamo in scena nel teatro più importante delle diverse città della provincia di Sassari, come il Verdi, registrando sempre il tutto esaurito di studenti e genitori. Si trattava di un vero e proprio metodo didattico che avevamo anche raccontato in un volume dal titolo “Blu come il mare”. Un’iniziativa portata avanti in collaborazione con altri amici colleghi e con l’Associazione Marevivo e che ha coinvolto oltre 2.000 ragazzi che impersonavano le migliaia di specie della biodiversità marina e 300 insegnanti delle scuole elementari e medie. In quei giorni tutte le mamme insieme alle insegnanti diventavano sarte e costumiste per i propri bimbi, una grande partecipazione collettiva che si concludeva con la recita finale, tra danze, musiche e canzoni. Successivamente abbiamo realizzato un video-documentario con l’aiuto del regista Michele Gagliani e di Edoardo Pinna, un lavoro di approfondimento sulla figura di un bandito-poeta della prima metà del ‘900, con il contributo della famiglia e della comunità di Fonni.

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  • Sempre rimanendo in tema sociale, da qualche anno collabori anche con la Polizia Locale di Sassari e con la Croce Blu di Sassari.

Alessandro Gazale: Quattro anni fa con il Laboratorio Permanente dello Spettacolo stavamo lavorando alla realizzazione di un film sul bullismo e avevamo bisogno, per realizzare alcune scene, della collaborazione di un Corpo di Polizia e di una associazione di volontariato che potesse mettere a disposizione un’ambulanza e qualche operatore. Ho trovato una grande disponibilità e un grande entusiasmo sia da parte del comandante della Polizia Locale di Sassari, il dottor Gianni Serra, e sia da parte del presidente della Croce Blu di Sassari, il signor Federico Pintus. Dopo quella esperienza la collaborazione con il Comando della Polizia Locale di Sassari è continuata nel 2019, nel 2020 e nel 2022 con la realizzazione di tre video inseriti nella campagna di sensibilizzazione Smartphonezombie sull’uso improprio del cellulare alla guida e per strada e nel 2021 con un ulteriore video inserito nella campagna di sensibilizzazione Progetto scuole sicure, per contrastare l’uso di sostanze stupefacenti da parte degli alunni delle scuole. Alla realizzazione dei video hanno collaborato anche la Croce Blu di Sassari e alcuni alunni e colleghi della mia scuola.

  • Sarà perché insegnare è una vocazione, un po’ come fare il medico, ma vedo spesso in te la necessità di dare voce anche ai meno fortunati, a chi viene escluso o emarginato. Quelli che ancora qualcuno definisce “diversi”.

Alessandro Gazale: La parola “diversi” utilizzata per definire uno specifico gruppo di persone, uguali tra loro ma diversi dai “normali”, se devo dirti la verità, non mi piace troppo. Partiamo quindi dal concetto che tutti siamo diversi, anche io e anche tu. Con sogni diversi, potenzialità diverse e idee diverse. Quindi la diversità è un valore. E non è retorica. Chiarito questo rispondo che sì, mi gratifica molto lavorare con chi si trova in una condizione di difficoltà. Io mi sono trovato tante volte in difficoltà e ho sempre gradito l’aiuto degli altri. Quindi se tu sei in difficoltà e io posso fare qualcosa per te, lo faccio molto volentieri. Non so se ho risposto alla tua domanda.

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  • Con tuo fratello Alberto Gazale (baritono eclettico tra i più rappresentativi del panorama lirico italiano e internazionale), ci sono state diverse collaborazioni artistiche. Ci racconti queste esperienze e il ruolo che hanno avuto nella tua crescita artistica?

Alessandro Gazale: Intanto, siamo fratelli. Io il terzo e lui il quinto di cinque. Quindi siamo cresciuti insieme e insieme ne abbiamo fatto di cotte e di crude. Ci ha sempre accomunato lo spirito artistico, e quindi libero, e per questo abbiamo sempre sentito la necessità di renderci indipendenti, di sfuggire al controllo, di fare nuove esperienze. Insomma, ci siamo sempre intesi bene e insieme ne abbiamo combinato di tutti i colori. E siccome io sono più grande di lui di cinque anni, puoi capire chi comandava quando eravamo piccoli. Gli facevo fare quasi tutto quello che volevo. Poi siamo cresciuti, io ho iniziato a fare teatro e lui a cantare. Poi lui è partito. È andato via dalla Sardegna per studiare. E fuori, artisticamente, è cresciuto in fretta, e tanto. Poi è proprio esploso, cantando (lo fa tutt’oggi) nei più grandi teatri di tutto il mondo. Ma nonostante la lontananza siamo rimasti sempre uniti, sempre in contatto. Ci sentivamo per un consiglio, per un conforto, per scambiarci le esperienze e le opinioni. Oppure per progettare, per sognare di fare un giorno qualcosa insieme. Poi un giorno è capitato davvero. Stava organizzando un concerto al Teatro Verdi di Sassari, presentato da Enrico Stinchelli e con la partecipazione dell’attore Marco Spiga, e mi ha chiesto di aiutarlo. Abbiamo realizzato insieme i video da proiettare durante lo spettacolo e la scenografia. Il mio compito era quello di sovraintendere alle luci e a gestire i tempi delle proiezioni durante lo spettacolo. Qualche anno dopo abbiamo collaborato ancora insieme per allestire un nuovo concerto che ha poi tenuto a Viterbo e a Latina, sempre con la partecipazione dell’attore Marco Spiga. Poi ancora per una Tosca rappresentata a Molinara (Bn) nell’estate del 2016. Nel 2019 abbiamo realizzato anche insieme a Edoardo Pinna, un mediometraggio dal titolo “Prologo rusticano”, con la partecipazione, tra gli altri, dell’attrice Simona Marchini, a seguire un altro concerto a Stintino, ospiti degli amici Esmeralda Ughi e Salvatore Rubino al MUT, al Museo della Tonnara, e sempre con l’immancabile Edoardo. Ancora insieme in occasione delle riprese del suo concerto lirico-sinfonico con il direttore Sergio Oliva e organizzato dall’Ente Concerti Marialisa de Carolis a Sassari, in Piazza d’Italia, nel settembre 2020, e per finire, sempre nello stesso anno, una sua collaborazione nell’ultimo video spot che ho realizzato per la Polizia Locale di Sassari. È chiaro che lavorando con un grande artista come lui, Premio Oscar della lirica e da oltre trent’anni tra i più affermati baritoni del panorama lirico mondiale, non puoi che arricchirti ulteriormente, aggiungendo alla tua esperienza anche parte del suo affascinante mondo. Dimenticavo di dirti che poi, da quando siamo cresciuti, nonostante i cinque anni di differenza ci fossero sempre, ha sempre comandato lui.

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  • Il tuo essere eclettico ti ha portato anche a collaborare per la realizzazione di alcuni videoclip musicali con grandi nomi del panorama isolano e non solo (mi riferisco a Salmo e Alberto Salvucci).

Alessandro Gazale: Sì, anche quella è stata un’altra bellissima esperienza. Nel 2011 sono stato contattato dal regista Alberto Salvucci per fare un videoclip per l’allora già famoso e seguitissimo cantante Salmo. Ci siamo incontrati e insieme ad Alberto, a Salmo e a Domenico Montixi abbiamo realizzato il video “Yoko Ono”, che ad oggi ha già totalizzato oltre 14 milioni di visualizzazioni. Nel 2012, sempre con la regia di Alberto, abbiamo realizzato un secondo video insieme per il cantante Mistaman & Dj Shocca dal titolo “Il Mondo al Contrario”. Nel 2013 un altro video con la regia di Alberto Salvucci per il cantante Nitro dal titolo “Danger”, e per concludere, nel 2015 un secondo video con Salmo dal titolo “1984”, Diretto da AC/DC (N.Celaia, A.Folino, A.Usbergo), che ha totalizzato ad oggi oltre 25 milioni di visualizzazioni. Ricordo che quando avevo detto ai miei alunni che avrei dovuto girare un nuovo video con Salmo, hanno iniziato a urlare dalla gioia, mi hanno pregato in tutti i modi di portarli con loro, cercavano di corrompermi mostrandomi i cinque euro della merenda, mi supplicavano di farlo venire nella nostra scuola. Insomma, sono letteralmente impazziti. E allora mi sono sentito in dovere di fare qualcosa per loro, di non deluderli. E così al termine delle riprese ho presentato a Salmo un grosso mazzetto di fogli bianchi e glieli ho fatti riempire di autografi, e lui, quando gli ho spiegato che erano per i miei alunni, da vero grande qual è, mentre firmava aveva gli occhi più felici dei loro.

  • So che il teatro ti manca molto, pensi che prima o poi ritornerai da dove sei partito?

Alessandro Gazale: In realtà mi sono già attivato per un ritorno a breve sul palcoscenico. Il mio cuore il teatro non l’ha mai lasciato e presto ci tornerò. Ora non saprei dirti di più ma ci sto lavorando.

  • Mi dai una tua definizione del concetto di libertà?

Alessandro Gazale: Io credo che essere liberi non abbia molto a che vedere con il dire e il fare ciò che si vuole quando si vuole. Trovo che questo modo di essere e di pensare sia molto più vicino ad un concetto di anarchia. E io non amo l’anarchia. Vedo invece la libertà come qualcosa da conquistare, da costruire nel tempo, se preferisci, da meritare. La libertà riguarda l’aspetto più profondo dell’essere. Io per esempio mi sento libero quando sono in pace con me stesso e col mondo. Quindi la libertà è uno stato da raggiungere, cosa che si ottiene solo a patto che siano soddisfatte tutta una serie di condizioni. Una persona è libera se ha raggiunto una sua indipendenza mentale ed economica e non dipende dagli altri, se è capace di controllare le sue emozioni in ogni circostanza ma in particolare in situazione di stress, se sa chiedere scusa in modo sentito e sincero, se si alza la mattina con il sorriso e sa gioire per le gioie e i successi degli altri senza provare invidia, se rispetta le regole e gli altri, se svolge il proprio lavoro con diligenza e onestà. L’elenco potrebbe continuare. Io la penso così, ecco perché nonostante nella mia vita ci sia sempre qualcuno a cui devo rendere conto, io mi sento libero. Libero e fortunato.

Alessandro-Gazale-Compagna
  • Chi è in realtà Alessandro Gazale tolte tutte le maschere di scena?

Alessandro Gazale: Ho una famiglia straordinaria, una madre amica e severa quando serve, ma che mi adora, un padre che da qualche anno ci ha lasciato ma che da allora vive dentro di me continuando a darmi ottimi consigli, quattro fratelli che adoro e che mi adorano, delle cognate splendide, una compagna meravigliosa che mi completa, dei nipoti fantastici, degli amici veri e dei colleghi in gamba. Faccio il lavoro che mi piace e il teatro e il cinema sono due passioni che mi danno grandi soddisfazioni. Ho una casa, uno stipendio e al momento ho anche la salute. Detto questo chi è Alessandro Gazale? Senza dubbio è una persona molto fortunata, positiva e felice. Grata per quel che è, per quel che fa e per ciò che ha. Una persona semplice, un pratico, uno che al dire preferisce il fare. Ama la gente, stare insieme agli altri, è disponibile e paziente, e ai conflitti preferisce le soluzioni positive. Ha sempre voglia di migliorarsi e di dare di più, di fare sempre meglio. Crede nell’amicizia, quella vera, sincera, quella che dà senza chiedere niente in cambio, quella che aggiunge e non quella che toglie, quella che non ti usa ma che ti completa. Non sopporta la cattiveria, l’arroganza e la mancanza di rispetto. Non conosce l’invidia e non la capisce, né la giustifica. E trova piccolo chi, per sentirsi più forte, ha necessità di sminuire gli altri e ciò che fanno. Poi ho anche tanti difetti, ma questi non te li dico. Me li tengo per me.

Alessandro Gazale, dicono di lui e del suo lavoro

Una decina di bambini tutti assembrati intorno ad un banco. Una telefonata che avvisa di un incendio in una casa, e l’autobotte dei pompieri (una semplice gomma da cancellare), parte dalla caserma (una semplice matita), per andare, a sirene spiegate, a spegnere l’incendio. Ma l’incendio non c’è, è tutto uno scherzo!” Grandi risate. Una scenetta banale. Ma non per me, perché quello era il primo sketch che io e Alessandro facevamo insieme. Era l’ottobre del 1967 ed eravamo in prima elementare. A metà degli anni settanta frequentavamo insieme lo stadio nella stessa società di atletica leggera. Eravamo un po’ cresciuti, ma sempre un po’ matti. E ricordo che Alessandro Gazale in quel periodo aveva un’agilità fuori dal comune. Si arrampicava in cima ai pali della luce, si buttava sulla sabbia dal secondo piano delle case in costruzione, si teneva in equilibrio su una mano, oppure fingeva di buttarsi dal ponte e poi, all’ultimo istante, quando il corpo era già dall’altra parte, con un incredibile colpo di reni, ritornava sul selciato. E le finestre sbattute in faccia alle vecchiette affacciate al piano terra? Le veneziane erano fissate con un gancio e lui, con un balzo prodigioso, dava un colpo alla finestra dal basso verso l’alto facendola ricadere in faccia alla malcapitata! Poi arrivò il periodo della radio e del cabaret. Non poteva che proseguire con il teatro, dove ci ritrovammo dopo avere militato per anni in due differenti compagnie. Insieme abbiamo interpretato Pirandello, Ionesco, Cechov. Sempre con lo stesso entusiasmo della telefonata ai pompieri! Sempre col sorriso, e spesso tra le risate, persino quelle da mal di pancia. Si perché con Ale si ride tanto e spesso. Adesso come allora sono il suo fan numero uno, e continuo ad osservare con ammirazione il suo grande talento. Niente di nuovo per me, niente di segreto, lo conosco da sempre e per me era logico che il mondo si dovesse accorgere di lui. Carlo Valle – Attore

Le riprese de IL RE sono cominciate l’anno scorso, più o meno in questo periodo. Eravamo in pieno lockdown e noi attori, insieme alla troupe, eravamo tutti insieme nello stesso albergo. Fuori, nessuna attività, né di ristoro né ricreativa, era aperta, e questo ci costringeva a stare insieme anche quando non lavoravamo. Condividere le ore di relax, la convivialità della tavola, ha contribuito a creare delle relazioni tra le persone, prima che tra i personaggi. La conoscenza, tramutatasi poi in amicizia, tra di noi, credo abbia aiutato molto anche il lavoro sul set. Io, personalmente, ho sempre creduto che la conoscenza e la fiducia nei compagni sia fondamentale nel nostro lavoro. Salvatore D’Onofrio – Attore

Il Re: ero convinto potesse essere una tappa del mio percorso professionale. Solo che poi mi è capitato di andare sul set e scoprire che il regista, Giuseppe Gagliardi, non vuole importi la sua idea, ma costruire insieme la storia e rubarne i momenti col suo occhio attento. Poi ti capita di conoscere Luca Zingaretti, ammirarne la professionalità e a poco a poco scoprirne la capacità di essere amico oltre che leader. E poi ti capita di conoscere i tuoi colleghi più stretti, i pretoriani, con i quali dovresti cercare di simulare un’intesa di lungo corso sul set, ma scopri che non devi simulare nulla, perché quell’intesa già c’è, da subito, per chissà quale alchimia. Tra questi un generosissimo Alessandro Gazale da subito amico, ma anche padre di questa micro famiglia che poi allargata ha anche altri papà, altri fratelli e sorelle. E allora scopri con piacere che sarebbe limitante definirla una tappa del proprio percorso professionale, seppur vedendola ti rendi conto di avere la fortuna di essere capitato in una delle serie italiane più belle mai viste. É un’esperienza, umana e poi anche professionale. Lunga vita al re! Antonio Gargiulo – Attore

IL RE è stata un’esperienza unica nel suo genere. Sul set abbiamo conosciuto e lavorato con grandi professionisti nei diversi settori, scoprendo una grande umanità, non così scontata, oggi. La fortuna più grande e stata conoscere Giuseppe, il regista, e i miei colleghi pretoriani, che oggi sento vicini come una famiglia. Durante le riprese ho avuto modo di vedere il grande talento dei miei colleghi, ma è fuori dal set cinematografico che ci siamo conosciuti per davvero. Al ristorante, durante una passeggiata, davanti a una birra o in una stanza d’albergo. Nella normalità quotidiana c’è stato modo di conoscerci per davvero. I pretoriani li sento vicini come se li conoscessi da anni, in particolar modo Alessandro Gazale, una persona dal cuore grande e con una bontà genuina che lo spinge sempre ad aiutare il prossimo. Alessandro è speciale, ma guai a tradire la sua fiducia! Paolo Bovani – Attore

Eravamo in pausa pranzo sul set e mi era appena arrivata un’email con la richiesta di filmare un mio provino. Ricordo con quanto imbarazzo ho chiesto una mano ai miei colleghi Pretoriani. Lo ricordo ridendone, perché, in pochissimo tempo, quello di aiutarci vicendevolmente a preparare i selftape è diventato una sorta di rito. Finite le riprese, tolte le divise, ci riunivamo nella 210, la stanza di Piras, dove uno col copione in mano ripassava le battute, un altro, spostando abat-jour e tirando tende, tentava di improvvisare un piccolo set, un altro ancora si scopriva acting coach. Tanto era l’impegno professionale che ci mettevamo quanta poi era la libertà del cazzeggio in cui ci rilassavamo alla fine. Alessandro Gazale, padre e prof di tutti noi, tirava fuori il formaggio sardo, stappavamo qualche birra, e scherzando insieme ci godevamo l’aperitivo e, soprattutto, lo spirito di squadra dei Pretoriani. Federico Pasquali – Attore

Ho visto Alessandro Gazale per la prima volta a Roma, sulla via Tiburtina, prima dell’inizio delle riprese. Eravamo lì tutti e due per la prova costumi e ci siamo incrociati proprio nel momento in cui lui finiva la sua prova e io iniziavo la mia. Quando sono arrivato, in cappotto rosso di panno casentino, Ale stava provando il suo ultimo costume, una divisa in alta uniforme. Ci siamo guardati e credo che lui abbia pensato che il cappotto che indossavo fosse un po’ troppo pesante, visto che eravamo a primavera inoltrata. L’ho guardato e gli avrei voluto dire: “Guarda che lo so che fa caldo! Non pensare che sia matto! Il fatto è che quel cappotto lo porto da ottobre per motivi artistici e se me lo tolgo adesso, non sono più credibile!” Invece lui mi ha sorriso e mi ha detto “Ciao!” Allora anche io ho sorriso e ricordo che ho pensato: “Mi piacerebbe avere un collega come questo signore anche se ha i capelli bianchi!” E infatti ad aprile ci siamo ritrovati sul set. Quante ore che abbiamo passato insieme a parlare di musica, di teatro, di cinema e di scuola! Abbiamo iniziato da colleghi e l’abbiamo finita da amici. E poi dicono che l’uniforme non aiuta! Però anche il panno casentino fa il suo! Peppe Voltarelli – Attore

Quando abbiamo realizzato il film sul bullismo “Ragazzi di cristallo”, i ragazzi non erano solo attori, ma aiuto registi, scenografi, truccatori e costumisti. Quando i ragazzi, terminate le lezioni, ci raggiungevano per vestirsi, truccarsi e iniziare le riprese, il rapporto non era più tra alunni e professori ma tra artisti, tecnici e collaboratori impegnati nella realizzazione di un progetto comune. Si respira allegria, serenità e tanta voglia di imparare e Alessandro Gazale è la figura trascinante di questo laboratorio, che rende unica la nostra scuola. Antonella Pulina – Teatro, Cinema, Scenografia

Conosco Alessandro Gazale da molto tempo e con il tempo non è cambiato, è sempre stato creativo, con tante idee, tanto entusiasmo e con tante competenze in campo artistico che ha sempre messo a disposizione di alunni e colleghi per realizzare un sogno che ora è anche il nostro: la creazione, all’interno della scuola, di un Laboratorio Permanente dello Spettacolo. Quando è arrivato nella nostra scuola, ci ha proposto un progetto complesso e articolato, prevedendo un’unica grande macchina dello spettacolo divisa in più settori complementari tra loro. Nascevano così i laboratori di teatro, di cinema, di scenografia, e di trucco e costumi. Attualmente stiamo lavorando su diverse fiabe: I Tre capelli dell’orco, I sette corvi, Il leone e il falegname, Hansel e Gretel, L’uccello d’oro e Il gatto con gli stivali. I ragazzi sono felici, non si stancano mai, e vorrebbero venire sempre, anche quando non è il loro turno. Silvia Bevitori – Teatro e Sartoria

Riprendere la manualità persa nel corso degli anni dedicati allo studio mi ha consentito di riscoprire una parte importante di me stesso, ma soprattutto, grazie alle attività creative, ho potuto apprezzare le ricadute positive nel rapporto con gli alunni. Scoprire di poter lavorare divertendosi attorno al banco di un’officina e di poter imparare insieme senza più distinzioni tra alunni e insegnanti, e magari dopo aver sbagliato più volte, è stato illuminante e mi ha fatto entrare in una dimensione pedagogica nuova, dove il maestro e gli allievi progrediscono insieme. Tutto ciò è linfa vitale per la scuola, con effetti straordinari anche sulle attività curricolari. Andrea Lai – Scenografia

Attualmente stiamo ristrutturando il nostro teatro. Si lavora sull’ampliamento del palcoscenico, che passerà da cinque a sei metri di larghezza e da quattro a sei metri di profondità, della tinteggiatura dei muri, della pulitura del sipario e delle tende del teatro, della pulizia di antiche attrezzature e apparecchiature della scuola degli anni sessanta e del restauro di due antiche sedie di legno. Francesco Gaspa – Scenografia

È un fare scuola diverso, un mettersi a disposizione, il fare per capire quanto sacrificio comporta il mantenere il bene comune in ordine, un costruire insieme per portare avanti un progetto dove tutti siamo importanti. Piero Mucedda – Scenografia

Partecipare agli incontri di teatro è molto interessante perché si assiste all’emergere delle potenzialità e dei talenti degli alunni e ci dà la possibilità di conoscerci anche in momenti diversi da quelli “classici scolastici”. Alessandro Gazale ci indica la strada per organizzare le attività necessarie per la preparazione di uno spettacolo e poi diventiamo tutti operativi. Le attività di scenografia, veri e propri cantieri, sono molto interessanti e gradevoli. Non riesco a descrivere meglio la bella atmosfera che si percepisce entrando in teatro, ma ogni volta è come stare in una bolla. Teresa Loriga – Teatro

Nel 2017 abbiamo collaborato con il Laboratorio Permanente dello Spettacolo in occasione del giorno della memoria con le nostre classi ad indirizzo musicale preparando i ragazzi a sottolineare con la musica i testi tratti dall’opera “Se questo è un uomo” di Primo Levi. Uno spettacolo teatrale costruito con parole e musica sulle scioccanti immagini della Shoà che contemporaneamente venivano proiettate sullo sfondo. È stata un’esperienza molto forte ma bellissima! Monica Uzzanue, Sabina Sanna – Docenti di Strumento Musicale

Il carcere è un luogo di reclusione per individui riconosciuti colpevoli di reati dove sono molto rare le possibilità di socializzazione e di riabilitazione delle persone. Nella nostra piccola esperienza abbiamo invece visto come lo stesso ambiente detentivo può diventare uno straordinario laboratorio creativo. Gli attori detenuti sono infatti capaci di esprimere un’autenticità raramente riscontrabile anche in un professionista, una spontaneità e un’immediatezza che si fa evidente nei lapsus, negli scherzi, negli approcci. La forza e la magia della popolazione detenuta si evidenzia nel carico di “energia potenziale” che poi si riversa nella scena, un condensato di sofferenza e frustrazione, che trova nella drammatizzazione teatrale la possibilità di esprimersi e sprigionarsi. Noi siamo stati beneficiari delle loro emozioni e dei loro sentimenti, siamo diventati amici, fratelli, genitori, abbiamo rappresentato la società civile esterna e continuiamo a ricevere foto, disegni e lettere, soprattutto da chi è stato trasferito in carceri lontane o ha finito di scontare la pena. È bastata una semplice attività aggregativa, senza personale del carcere a sorvegliare, per trasformare i soliti pensieri negativi in energia positiva, in un ponte verso l’esterno, allontanando gli stili del mondo della criminalità. Vittorio Gazale – Direttore del Parco nazionale e dell’Area Marina Protetta dell’Asinara

A Sassari nel 2017 abbiamo registrato 93 incidenti stradali con pedoni coinvolti, un numero incredibilmente alto e pari al 21,7% del totale degli incidenti con feriti. La causa principale era dovuta alla distrazione dei pedoni per un uso improprio del cellulare. Per contrastare questo fenomeno abbiamo deciso, unica forza di Polizia Stradale in Italia, di promuovere una specifica campagna di sicurezza stradale rivolta a sensibilizzare i pedoni sui rischi correlati ad un uso dissennato del cellulare quando si cammina per strada. Contestualmente abbiamo attivato anche un’azione di prevenzione e di contrasto su queste condotte. Nel 2018 la campagna di sensibilizzazione è stata realizzata dallo stesso Comando, ma dal 2019 Alessandro Gazale ci ha supportato realizzando per noi alcuni video di altissima qualità, tanto da essere subito divulgata dalle principali emittenti televisive e testate giornalistiche nazionali, dalla televisione pubblica francese e da un’importante rivista spagnola. Il video più recente realizzato da Alessandro per la campagna di sicurezza stradale 2022 è stato valutato dagli addetti ai lavori un prodotto perfetto. Il risultato ottenuto con questo progetto nel nostro territorio in questi quattro anni è stata la significativa riduzione del numero di pedoni coinvolti in incidenti stradali: 93 pedoni nel 2017, 52 pedoni nel 2021. Gianni Serra – Comandante della Polizia Locale di Sassari

Ero ancora un bambino quando Alessandro già recitava nella compagnia teatrale di cui faceva parte anche gran parte della mia famiglia. Poi crescendo ci siamo persi di vista fino a cinque anni fa, quando mi ha contattato per chiedermi la collaborazione dell’Associazione per la realizzazione di un film sul bullismo che stava girando con i ragazzi della sua scuola. Dopo quella entusiasmante esperienza, la collaborazione è proseguita anche per la realizzazione di due video per la Polizia Locale di Sassari. Alessandro non è un attore-regista qualsiasi, ma un vero professionista che riesce sempre a fare un mix perfetto tra professionalità e leggerezza, ideale per chi, come noi, non è del mestiere. Il mio sogno è quello di riuscire un giorno a raccontare la vita sulle ambulanze attraverso un suo lavoro, per mostrare a tutti la gioia che si prova nell’aiutare il prossimo e per far conoscere il complesso lavoro che sta dietro alla gestione di una grande macchina organizzativa come la nostra. Federico Pintus – Presidente della Croce Blu di Sassari

Il mio rapporto artistico con Alessandro regala subito a me e agli altri un grande sorriso. Sin da bambini siamo cresciuti entrambi col pallino della creatività. Vissuti nella stessa casa, nell’uguale giardino, in una gara continua nel custodire un fanciullino scalpitante e generoso. Se penso a quante notti abbiamo passato davanti ad un registratore, poi con una telecamerina e poi tra le luci del teatro. Il teatro, si, quello vero, quello che scalda il viso mentre reciti, che ti fa sudare, che ti mette a nudo davanti alla gente e al mondo intero. Quello che non prevede e non conosce vergogna. Quello che ha sempre, per felice destino, fatto convergere le nostre strade. Quello che abbiamo vissuto e che viviamo quanto la nostra stessa vita normale. Grazie a lui ho conosciuto il cinema e la prosa e grazie a me, lui è entrato nel mondo dell’opera e della musica. Le luci della ribalta hanno da sempre fatto da colonna sonora alla nostra vita artistica. Un elenco esaustivo delle nostre interazioni creative sarebbe comunque riduttivo rispetto alla potenza della gioia dell’azione creativa in sé e che puoi dividere solo con chi quel giorno è in teatro con te. Quanti spettacoli, cortometraggi, spot, serate musicali. Ciò che ci ha sempre accomunato è stato il privilegio di sentirci sempre ai blocchi di partenza, pronti ad imparare da chiunque sapesse qualcosa in più di noi. Tali siamo ancora ed è per questo che temo che il nostro curriculum seppur pingue, sia ancora tutto da scrivere. Tante volte mi sono approcciato alla costruzione di spettacoli o regie e mai ho mancato di coinvolgerlo per avere la sua supervisione. Alberto Gazale – Baritono di fama internazionale e Docente presso il Conservatorio di Musica di Cagliari

Con Alessandro abbiamo fatto davvero tanti lavori insieme e la collaborazione continua tuttora. Devo a lui la mia passione per il teatro e per il cinema. Avevo solo sei anni quando ho partecipato per la prima volta ad uno dei tanti laboratori di teatro che organizzava per i bambini. Avevo il ruolo del Carbonaio nella recita di Pinocchio e già allora, non vedevo l’ora di raggiungerlo per iniziare le prove. Avevamo fatto una bellissima recita al teatro civico che non dimenticherò mai. L’anno successivo abbiamo portato in scena la fiaba di Peter Pan, e l’anno successivo abbiamo fatto le riprese per farne un vero e proprio film. A 17 anni mi ha portato nella Compagnia Teatro Sassari e abbiamo recitato insieme in due spettacoli. Quello stesso anno abbiamo collaborato nel cortometraggio Writers di Alberto Salvucci. Nel 2016 mi ha inserito tra le comparse del film Perfidia, diretto da Bonifacio Angius e abbiamo collaborato in altri due laboratori di cinema, nelle due scuole in cui insegnava, uno a Sorso e l’altro a Sennori. Quando l’anno successivo si è trasferito a Sassari, abbiamo realizzato anche lì un bellissimo mediometraggio sul bullismo e nello stesso anno con il fratello Alberto abbiamo realizzato il mediometraggio Prologo Rusticano. Nel 2018 è riuscito a portarmi sul set del film Ovunque Proteggimi e nello stesso anno abbiamo iniziato la collaborazione con il comando della Polizia Locale di Sassari per i quali abbiamo realizzato diversi spot. E sempre nello stesso anno, abbiamo realizzato un documentario insieme a suo fratello Vittorio sulla vita del bandito-poeta Bachisio Falconi. Con loro dal 2019 collaboro anche nel progetto di teatro organizzato per i detenuti del carcere di massima sicurezza di Bancali. La collaborazione con Ale continua ancora, lui dirige, io faccio l’operatore di macchina e il direttore della fotografia, e poi insieme facciamo il montaggio. Ce la giochiamo sempre su chi è più pignolo, anche se non c’è gara, il più pignolo è sempre lui. Edoardo Pinna – Direttore della Fotografia e prezioso collaboratore da sempre

di Benito Olmeo

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