Le marionette e i burattini rappresentano una forma d’arte plurisecolare con una infinita gamma di linguaggi e di codifiche. Non si caratterizzano soltanto come immagine della cultura popolare ma – fenomeno complesso dalle straordinarie potenzialità – rappresentano il teatro stesso nella sua forma più incredibilmente espressiva, quella del ricalco di ogni emozione umana. Ne abbiamo parlato con un’artista che ha contribuito a rendere questa nobilissima arte ancora più poetica: Nadia Imperio.
Nadia Imperio, l’intervista
- Parliamo del tuo percorso artistico. Quando e come hai iniziato ad interessarti all’arte in quanto tale e poi alle marionette in particolare.
Nadia Imperio: Direi che il teatro c’è stato quasi sempre. Il mio primo approccio fu alle medie, grazie ad una prof appassionata con cui ogni anno si metteva in scena un classico. Da studentessa di lingue, entrai poi nel gruppo teatrale universitario gestito dalla cattedra del prof. Serpillo, esperienza che mi portò a frequentare dopo la laurea la compagnia La Botte e il Cilindro, diretto da Pier Paolo Conconi. Ho fatto parte della vita artistica della Botte per 22 anni, un lungo percorso che ancora oggi mi supporta, anche nell’attività di animazione teatrale con adulti e minori. Già dal 2001 però avevo iniziato un viaggio personale nel teatro di figura, che si concretizzò dapprima con la scoperta del teatro delle ombre, da autodidatta, poi con la compagnia rumena Colibrì, con la quale approcciai il pupazzo ad asta e il teatro d’oggetti su nero. Fu nel 2009 che il festival internazionale Animar, organizzato dalla compagnia Is Mascareddas di Cagliari, mi permise di conoscere il maestro catalano Toni Zafra, le sue meravigliose marionette a filo e la sua concezione di questo mezzo espressivo. Un incontro appassionante, che mi coinvolge da allora e che continuo ad approfondire.
- Nel fruitore poco attento le marionette appaiono legate al mondo dell’infanzia. Eppure il percorso di questa forma d’arte racconta una storia differente. Ci fai qualche accenno e ci parli di come il tuo lavoro viene accolto dal pubblico adulto e da quello dei più piccoli?
Nadia Imperio: Bellissima domanda cui non basterebbero le ore per rispondere! Il pregiudizio che marionette, burattini, pupazzi siano destinati solo a bambini è quello contro il quale chi fa teatro di figura serio si scontra quotidianamente. Ciò non succedeva prima degli anni ’60 del novecento. Fino ad allora, e per molti secoli, questa forma d’arte era ampiamente frequentata da spettatori adulti, ognuna in ambiti differenti. Nelle corti aristocratiche e poi nella classe borghese, ad esempio, erano molto diffusi e apprezzati gli spettacoli di marionette, tanto che molti letterati famosi sono stati autori di drammaturgie per marionetta a filo. Il genere burattino a guanto, con la sua variante italiana più famosa, la guarrattella napoletana, era particolarmente amata dal popolo, che, oltre alla comicità, la apprezzava anche per i suoi contenuti politici o satirici, o per i suoi agganci alla cronaca del momento. Per non parlare della considerazione di cui il teatro di figura con le sue innumerevoli tecniche e linguaggi ha goduto e gode ancora nel resto d’Europa, in Asia, nelle due Americhe. In Italia ne abbiamo una visione molto restrittiva. Ciononostante, nella mia esperienza, la reazione che suscita la visione di un buono spettacolo di figura è di grande interesse, piacere e coinvolgimento. Gli adulti spesso ammettono di averne un’idea fuorviante, e per molti vedere le mie marionette in scena costituisce la loro prima volta. Vero è che il teatro di figura circola troppo poco perché possa formarsi un pubblico competente e istruito ad apprezzarne il valore. In Sardegna (ma non solo), a parte il costante lavoro fatto nel Campidano dalla compagnia di figura Is Mascareddas, c’è molta opera di divulgazione da fare, e nel Paese in generale il teatro di figura destinato agli adulti è quasi assente dalle programmazioni e dai circuiti convenzionali. Le stagioni di teatro ragazzi nel nord Sardegna hanno presentato, negli anni, produzioni di teatro di figura, privilegiando però, per vari motivi, il teatro d’attore e maschera. Eppure anche i bambini mostrano di apprezzarlo, affascinati dalle dimensioni che vanno dal lillipuziano a quelle gigantesche dei grandi pupazzi. Le figure rendono possibili straordinari viaggi immaginifici.
- Che ruolo ha la musica nelle tue performance?
Nadia Imperio: Molto importante. Morricone insegna come la musica possa cambiare totalmente la percezione delle immagini. Tradizionalmente il connubio musica-marionetta è spesso stato presente, perché la natura del mezzo musicale lo rende particolarmente adatto a entrare in relazione con l’azione gestuale e il movimento delle figure. Io uso la musica non come mero accompagnamento all’azione o riempitivo, ma perché si sposa con quel dato personaggio e con ciò che fa, o suggerisce il mood di una scena. Scelgo molto attentamente la musica e gli effetti sonori, lavoro con i software per modificarla, assemblarla, tagliarla finché non mi convince. Mi piace anche cantare dal vivo, laddove il personaggio o la situazione lo rendano “giusto”, necessario. Nello spettacolo “Camminando sotto il filo”, invece, c’è un unico brano vocale registrato, quello del canto a tenore, cui ha prestato la voce Beppe Dettori.
- Come elabori e costruisci i tuoi personaggi?
Nadia Imperio: Parlando di marionetta a filo, la parte artigianale è piuttosto lunga (lavoro col legno, principalmente), e forse questo aspetto in tempi recenti la fa scegliere poco come mezzo espressivo. Nel momento in cui si decide per una messa in scena, è importante avere le idee abbastanza chiare su cosa farà quel determinato personaggio, per poi passare a realizzarlo in laboratorio. La fase di progettazione è importante perché eventuali errori di valutazione possono comportare la necessità di rifare la figura o il comando di manipolazione (elemento persino più importante della figura stessa). Una volta costruita, ogni marionetta riserva però comunque delle sorprese, soprattutto in positivo, perché solo agendola si scopre davvero cosa può fare, e spesso può fare più cose di quelle che avevamo immaginato. Si tratta allora di avere pazienza, dedicarsi, come dicono i maestri, ad “ascoltare” ciò che la figura ha da dirci, farla vivere.
- C’è una marionetta alla quale sei più legata e perché?
Nadia Imperio: Se Geppetto avesse costruito due Pinocchi, credo che sarebbe stato difficile per lui rispondere… c’è sicuramente una genesi diversa per ognuno dei personaggi che ho costruito, che ha richiesto più o meno lavoro, sudore, tempo, ma tutti hanno un senso dentro lo spettacolo. Sarebbe facile dire che Nora, la marionetta che finora è stata la frontwoman della compagnia, è la mia preferita (anche perché la sua realizzazione reca l’impronta indelebile dell’ingegno del maestro Toni Zafra); lei, in realtà, mi fa un po’ da alter ego, e, pur facendo parte dello spettacolo prima citato, avendo il dono della parola, si esibisce in serate di cabaret anche da sola (un esperimento iniziato tre anni fa e che in Italia non mi risulta che qualcun altro abbia tentato). Effettivamente, lavora più di altre, e insieme ce la spassiamo abbastanza- e penso anche il pubblico che l’ha vista. Anche i personaggi (anzi, le personagge, come mi piace chiamarle) del nuovo spettacolo in allestimento sono tutti coinvolgenti per me, ognuno con le sue peculiarità, le sue debolezze, la sua rabbia.
- Ci sono artisti che ti hanno ispirato e che ti ispirano anche oggi?
Nadia Imperio: Sì, certo. I grandi maestri, non strettamente nel campo della marionettistica, come Wayland Flowers (col suo straordinario personaggio, Madame), Philip Huber (il vero marionettista di “Essere John Malkovich”), Stephen Mottram (col quale ho studiato), Jim Henson (creatore dei Muppets), Neville Tranter e il suo teatro politico, Ronnie Burkett, marionettista e drammaturgo, Natacha Belova e le sue creature poetiche, il teatro di ricerca di Marta Cuscunà, i bellissimi testi per burattini dell’argentino Roberto Espina, le drammaturgie di Gigio Brunello… ma questi sono solo alcuni di coloro che hanno innovato e sperimentato e tracciato strade. Lavorando nei festival internazionali ho avuto modo (ma non è mai abbastanza) di vedere spettacoli che non arrivano in Italia, spesso di micro compagnie indipendenti, come la mia, che circuitano in ambiti di settore con produzioni di tutto rispetto. L’ispirazione arriva inoltre da campi artistici diversi, dal cinema alla letteratura, alla fotografia, le arti visive, la pittura… tutto entra e viene rielaborato a seconda del mio interesse in quello specifico momento. La curiosità è importante.
- C’è qualche collaborazione artistica o qualche spettacolo che ricordi in modo particolare e perché?
Nadia Imperio: Il mio percorso artistico da solista è piuttosto recente, dura da soli 5 anni. Più che di vere e proprie collaborazioni a livello istituzionale sarebbe meglio parlare di disponibilità ricevuta da parte di artisti e collaboratori generosi, che mi hanno supportata in vario modo, dal già citato Beppe Dettori a La Botte e il Cilindro e Mario Chessa dei Bertas, così come il fotografo e film maker Fabian Volti dell’associazione 4CaniperStrada, che si è accostato al mio lavoro con l’interesse di un antropologo, e, recentemente, persone come Mario Carta e Nike Gagliardi che mi affiancano per gli aspetti tecnico e promozionale. Mi è capitato purtroppo di non poter aderire a progetti interessanti per motivi di tempo, ma credo che non mancheranno nuove occasioni. Nel frattempo, fare rete e condividere saperi è importante, e il blog di divulgazione lapoltronadinora.com e StanzeBottega K, di cui ti parlerò più avanti, vanno in questa direzione.
- Le marionette appaiono in netta antitesi rispetto al mondo iper-tecnologizzato in cui ci troviamo a vivere. Che difficoltà e, di contro, quali soddisfazioni ha un’artista che porta avanti un’arte così antica e poetica nella realtà di oggi?
Nadia Imperio: Questa considerazione si potrebbe fare per il teatro tout court. Ha ancora senso, ed efficacia, lo stare in scena di un attore, di un’attrice in carne ed ossa? Non penso che il discorso sia diverso se parliamo di marionette, pupazzi, burattini. Le figure sono attori e attrici, performers. Per quanto le tecnologie siano prepotentemente entrate nella nostra vita, l’energia di chi sta in scena, che sia un umano o un oggetto inanimato che respira, e il desiderio di sederci davanti a qualcuno che racconta, mostra o evoca una “storia” è ancora quella che spinge le persone ad uscire di casa per vedere uno spettacolo. Però è vero che le difficoltà ci sono, e la più importante (ma ancora una volta vale per tutto lo spettacolo dal vivo) è avere qualcosa da dire e volerlo comunicare, qualcosa che il pubblico possa condividere con me, qualcosa che smuova l’intelletto o susciti un’emozione. Poi c’è una parte del teatro di figura che si può considerare classico che mette ancora in scena la tradizione, e che possiamo mettere sullo stesso piano di generi come l’opera o il balletto classico: quando il lavoro è fatto bene, è ancora oggi godibile da un bambino, da un adulto. Potrebbe sembrare il contrario, ma credo che oggi, proprio per via della troppa tecnologia nella quotidianità, ci sia anzi un gran bisogno di arte, di essere toccati, coinvolti, e un burattino, un’ombra, una marionetta, un pupazzo (di fatto esseri inanimati), se manipolati correttamente, possono arrivare a toccare le persone molto più di un umano. Non per niente il teatro di figura è uno strumento utilizzato terapeuticamente. Nella mia esperienza, lo vedo non solo durante i miei spettacoli, ma anche quando lavoro con i gruppi nei laboratori: dopo un’iniziale diffidenza, una volta che se ne capiscono le potenzialità espressive, la figura suscita interesse e curiosità, coinvolgimento. Occorre “solo” che questo genere teatrale sia meglio conosciuto.
- Come e quanto ha inciso la pandemia sul tuo lavoro? Nei mesi in cui il mondo del teatro e dell’arte sono stati tra i più colpiti dalle restrizioni hai trovato un modo alternativo per esprimere la tua creatività?
Nadia Imperio: Sì, impossibile non essere stati condizionati dalla pandemia, nel bene e nel male. Quando è iniziato il lockdown, mi ero già messa a costruire per una nuova produzione, che è proseguita per tutto il 2020 e la cui anteprima sarebbe dovuta avvenire in un importante festival a Cagliari. Purtroppo nuove chiusure lo hanno impedito e devo dire che questo mi ha sconfortato parecchio, tanto che ho fermato questo percorso per dedicarmi ad allestire un nuovo, piccolo spazio teatrale dove risiedo, ad Ossi. Dallo scorso Natale lo spazio, StanzeBottega K, è stato aperto al pubblico con un breve laboratorio di costruzione marionette, spettacoli e qualche concerto musicale. È l’unico spazio culturale indipendente nato nel Nord Sardegna per diffondere e praticare il teatro di figura e spero che sia solo il primo di altri che ne nasceranno. Oltre a questo progetto, proprio quando non potevamo esibirci dal vivo, ho inaugurato anche online una sorta di spinoff del mio cabaret marionettistico, la web puppet series “Notflix”, e qualche episodio di “Songs of Darkness”, con Nora protagonista della prima sitdown comedy del mondo, evento che fino ad allora aveva avuto diversi appuntamenti dal vivo, come raccontavo prima. Nonostante la grande difficoltà per la mancanza di lavoro (l’attività della compagnia è anche la mia fonte di reddito, ed è pur vero che, come lavoratrice dello spettacolo ho usufruito dei sussidi erogati), la pandemia è stata anche l’occasione di avere tempo, ad esempio, per fare formazione, seppur a distanza, per fare ricerca, per continuare a tessere quelle relazioni impedite dalla sospensione dei festival nazionali e internazionali, utili proprio per gli scambi culturali e professionali. Un altro filone di studio è stato quello della realizzazione di un prototipo di marionetta stampata in 3D, interessante non in ambito teatrale ma laboratoriale e, perché no, da destinare a una vendita seriale per chiunque voglia giocare al teatro di marionette anche a casa propria. Sembrerà strano, e in antitesi totale con l’artigianalità e l’unicità del “pezzo” costruito, ma sono molti nel mondo gli artisti di figura che si stanno dedicando alla stampa digitale, con intenti diversi e incredibili risultati.
- Ci sono dei nuovi progetti all’orizzonte?
Nadia Imperio: Finalmente a fine maggio debutterà lo spettacolo di marionette per adulti “Casa Con Bambole Rotte”, che ha covato sotto la cenere per tutto il 2021… Un progetto su cui ho a lungo tentennato, in un momento in cui la pandemia ha talmente condizionato le nostre vite da rendere quasi senza senso le istanze creative nate fino ad allora. Ma dopo esser stati momentaneamente annientati dal Covid e assistendo oggi alla dolorosa situazione ucraina, direi che più che mai gli spettacoli devono andare in scena, le idee devono continuare a circolare, questo è il nostro lavoro e, come dice il maestro Bernd Ogrodnik, col quale ho la fortuna di studiare attualmente, svolgerlo bene, con qualità, con umiltà, sempre pronti ad imparare e a migliorare, al servizio del pubblico, adulto o bambino che sia, è un piacere e un dovere, è il nostro ruolo. Di pari passo, in questo 2022, continuerà l’attività di spettacolo (anche sul continente) e divulgazione che StanzeBottega K rivolgerà da settembre alle scuole, coinvolgendo il territorio con visite guidate, lezioni-dimostrazioni e repliche di spettacolo (spero) anche di artisti ospiti, per concludere l’anno, a Natale, con una nuova produzione di marionette per famiglie. C’è davvero tanto da fare, e abbiamo la fortuna di poterlo fare, altrove in Europa e nel mondo, purtroppo, non possono dire lo stesso.
Breve BIO-ARTISTICA di NADIA IMPERIO
Nadia Imperio si è laureata nel 1993 in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università di Sassari con una tesi dal titolo “Il teatro di Thomas Murphy”. Dal 1994 al 2016 si è formata e ha lavorato continuativamente con la compagnia per l’Infanzia e la Gioventù La Botte e il Cilindro di Sassari, contribuendo agli allestimenti degli spettacoli come autrice, attrice, cantante, costumista, realizzatrice di maschere e oggetti di scena, nonché come animatrice teatrale nell’ambito di laboratori presso scuole e istituzioni pubbliche e private. Dal 2009 al 2014 ha seguito il lavoro della compagnia catalana Teatro de Marionetas Toni Zafra di Barcellona. Nel 2017 inizia il suo percorso di marionettista solista con la creazione della propria compagnia “KronicoKab” e con il suo primo spettacolo, Camminando sotto il filo, premiato internazionalmente. È del 2021 lo spettacolo Storie di Grecia, teatro d’attrice, oggetti e lavagna luminosa, nato da un progetto sui miti greci destinato a bambini della scuola dell’infanzia. La nuova produzione per marionette, Casa Con Bambole Rotte, destinata ad un pubblico adulto, debutterà a maggio 2022. Alterna l’attività di spettacolo in Italia e all’estero a laboratori di costruzione e animazione di figure presso scuole, biblioteche, centri culturali, festival e presso il suo spazio-laboratorio, StanzeBottega K, alle porte di Sassari.
Potete seguire il blog di divulgazione dell’artista all’indirizzo https://www.lapoltronadinora.com/
di Francesca Arca
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