piu1Nel gruppo di artisti che, negli anni Cinquanta, s’impone nell’arte figurativa isolana, spicca il nome di Giovanni PiuNato a Sassari il 12 novembre 1922, apparteneva a una famiglia di gente semplice e onesta. Suo padre, Salvatore (Sassari, 12 gennaio 1898), era capotreno delle ferrovie; sua madre, Maria Bonaria Saba, era di Mandas, in provincia di Cagliari (5 settembre 1897). Giovanni aveva un fratello, Antonio, del 1927, e tre sorelle: Anna del 1931; Maria del 1935; Giuseppina del 1938. Egli non volle dedicarsi agli studi: cominciò a lavorare prestissimo, diventando capo operaio nel settore edile. Fu un solitario, un uomo dal carattere schivo; viveva in un mondo tutto suo, come un religioso: un monaco che dedicò tutta la sua vita alla “religione” del dipingere. La pittura, che lo ha preso fin da ragazzo, lo ha fatto suo; si è trattato di una vera e propria vocazione per l’arte. Arte che non ha rappresentato, per lui, solo il mestiere, l’attività lavorativa, ma è stata, fondamentalmente la sua ragione di vita, la sua straordinaria passione. Giovanni Piu si è subito scoperto artista. Umile e modesto viveva a malapena con quanto guadagnato dalla vendita dei suoi quadri. Si lamentava di essere sempre stato sfruttato da tutti. Con la sua pittura, figurativa e tradizionale, nelle nature morte, suggestive e caravaggesche, con i suoi paesaggi, silenti e superbi, costruiva delicate armonie, tanto che il suo cromatismo s’impone come simbolo di un magico strumento. La realtà si presenta ai suoi occhi ricostruita dallo spirito, le tonalità e le forme sono libere come la sua arte. piu3Le sue composizioni, specialmente le nature morte, esaltano la bellezza in ogni suo aspetto e pongono l’osservatore in sintonia con l’armonica contemplazione da cui sono originate. Piu, dotato di una sensibilità particolare, produce splendide nature morte con rara sapienza e col massimo scrupolo; opere quasi svanite dietro un velo, caratterizzate da una profonda quiete interiore, con la morbidezza dei chiaroscuri e delle ombre, nella padronanza di un colore tonale capace di vibranti contrasti e accensioni luministiche. Dotato di una creatività davvero singolare, ha sempre operato nell’ambito del figurativo, sviluppando un’acuta sensibilità interiore. Con le sue opere esprime un messaggio di totale serenità: d’altronde, era lui stesso un uomo molto sereno. Le nature morte, di grande ricchezza e qualità, rappresentano la maggior parte della sua produzione, ed in esse egli si dimostra maestro e specialista. Dalla sua opera complessiva emerge soprattutto come eccellente pittore, un esecutore garbatissimo e delicato. Con creazioni ricche di fascino e di poesia, egli sa cogliere momenti di vita quotidiana con un effetto morbido e sicuro, con tonalità sommerse, con i colori e le particolari sfumature crea un alone di soave serenità. Il tono meditativo dal quale le sue opere sono alimentate impone dosate e particolari scelte coloristiche, che via via entrano a far parte decisamente del suo stile. È attraverso queste capacità che egli perviene a rendere la sua opera altamente comunicativa, facendo partecipare intensamente il fruitore ai suoi sogni, ai suoi desideri, alle sue riflessioni. L’immobilità, il nulla non rappresentano le cose, ma lo spazio, l’immenso è eterno, e noi osserviamo, nella sua opera, oggetti immersi in una oscurità uniforme. C’è qui la lezione del Rinascimento: luci ed ombre concentrate sopra superfici compatte producono un fascino inconsueto. Ma c’è anche il Caravaggio; e, come il Caravaggio, Piu non fa che presentare la realtà delle cose, e non la realtà com’è, ma quella sognata; la realtà mentale, pur operando nell’ambito del figurativo. Proviamo a pensare al “Bachino malato”, di Caravaggio, e osserviamo che Bacco spreme il grappolo d’uva per trarne il succo del vino. Bacco esalta l’immagine dell’artista, il Dio del vino, e il vino è una sostanza che esalta la fantasia: dagli effetti del vino la mente è turbata, esaltata, il dionisiaco nell’arte. L’arte, per essere celebrata al suo massimo livello, deve essere esaltata. piu2E qui ritorniamo a Giovanni Piu, che riesce a penetrare l’essenza delle cose. Giovanni frequentava le bettole, le taverne nei vicoli del Centro storico di Sassari, con gli amici artisti Costantino Spada, Libero Meledina, Lucio Chighini, Spartaco Sechi. A Sassari, Piu riuscì a conquistare l’amicizia di tutti, insieme a Costantino Spada e Libero Meledina, suoi amici inseparabili da sempre, divenne famoso, in città, per le sregolatezze e per l’esistenza disordinata e bohémienne, per la vita consumata dagli eccessi e dai bagordi giovanili. Piu vestiva allora con l’immancabile basco, vecchi cappotti larghi, sciarpe… e sempre con la barba incolta. Questo è il cliché del pittore ottocentesco e bohémien, proposto, fra gli altri, da Henri Toulouse de Lautrec, nella Bella Epoque. Tonino Meloni, critico d’arte e giornalista, ha affermato: “ Piu è stato l’ultimo dei bohémiens nell’arte sassarese”. Egli ha vissuto i vicoli e le strette del Centro storico, ha vissuto la miseria e la povertà, somigliando in questo ai pittori parigini: qui c’è Montmartre. Ma questi sono stati aspetti comunque marginali della sua vita: in realtà, Piu è stato un pittore qualificato, creatore di un’arte personale nello stile e nell’impianto coloristico. Come ha scritto Vittorio Sgarbi “Piu ricorda la grazia straordinaria dei dipinti e la sensibilità che fanno venire in mente Morandi”. Nelle sue opere, sempre delicatissime nell’esecuzione, l’illuminazione è sapientemente calibrata; particolare attenzione è riservata al gioco dei riflessi, la luce è diffusa uniformemente, a volte, e con questo l’artista giunge a creare un clima cromatico con una vasta gamma di tonalità sempre tenui e delicate. Giovanni era un uomo semplice, comune, un po’ naif; spesso aveva un’aria triste e malinconica. Amava il disegno, e per tutta la sua esistenza ha disegnato a matita, con i pastelli, ha dipinto ad olio, anche nei periodi più tristi della sua vita. Delicato e poetico insieme, colpisce il suo silenzio poetico, il silenzio dei suoi paesaggi, la fantasia nella genialità, nella sapienza del comporre, la precisione e la chiarezza nell’espressione di atmosfere quiete ed assolute, le sue figure che emergono con forza creativa e fantasiosità. Vittorio Sgarbi, in un articolo a lui dedicato, lo definisce “Giovanni Piu, il naturalismo essenziale di un eremita”.Giovanni spesso mi diceva “Il colore è come la musica: non deve stonare”. Vinse due importanti primi premi nazionali, di cui andava fiero: nel 1950 (un paesaggio della campagna di San Pietro); e nel 1974 (pontile di Tramariglio). Egli dipingeva sempre, rigorosamente dal vero. È morto, a Sassari, all’età di 77 anni, nell’ottobre del 1999. Da via Turritana, nel Centro storico, si era trasferito ad abitare a Sant’Orsola, con il figlio Salvatore, anch’egli abile pittore. Per tanto tempo, Piu è stato dimenticato. Lo ricordo di carattere leale, modesto e serio, vero amico. Oggi è necessario ricordarlo come grande artista sassarese che ha dato tantissimo alla nostra città.

di Giovanni Fiora
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