La-Plonge-Domenico-Canu

L’acqua è l’elemento da cui traggono origine tutte le cose. L’acqua non oppone resistenza, forza paziente e creatrice. Non è un caso forse che i La Plonge (Domenico Canu, Massimiliano Lai e Felice Carta) si siano ispirati a questo composto chimico che è parte integrante di tutti gli organismi viventi.

«Ci suonava bene La Plonge – racconta Domenico Canu – Il termine ha tanti significati ma un elemento in comune: l’Acqua. Può significare “il tuffo”, “l’immersione” o, come ha notato una nostra cara amica, “l’Acquaio”: dove c’è l’acqua. La Plonge è anche la zona dedicata al lavaggio delle stoviglie nelle cucine degli alberghi, dove si svolge un lavoro umile ma essenziale. Che diventa un luogo dal quale si osservano le cose: uno dei punti di vista degli Umili.»

La-Plonge

L’acqua come elemento di semplicità eppure costante fondamentale nella propria essenza più ancestrale, diventa quasi anima manifestante di una band che – sebbene in perenne evoluzione artistica – sa mantenere la propria integrità nel fluire delle contaminazioni e dei riverberi esterni a sé. Appare comunque erroneo giudicare ciò che appare semplice come cosa facile e ciò che appare complesso come cosa difficile e in quanto tale addirittura degna di analisi più articolata. Più spesso invece è vero il contrario. In un presente in cui tutti si sentono in dovere di dare spettacolo, calcare un palcoscenico reale e creare autenticità artistica diventa quasi una cosa rivoluzionaria.

I La Plonge si muovono in questo contesto “altro” e il loro suono elimina il superfluo dando parola e vita al necessario. Ciò che ascoltiamo dunque non può che apparire familiare perché universale, attinente, inderogabile… come l’acqua.

La Plonge, intervista a Domenico Canu

I La Plonge hanno la virtù di essere originali e riconoscibili fin dalle prime note. Ma c’è qualche artista che ha ispirato il vostro percorso?

Sono tantissimi e ne dimenticheremmo troppi. Possiamo però citare quelli che ci hanno fatto venire voglia di suonare e di formare una band, e che ascoltiamo sempre anche oggi. Federico Fiumani e i suoi Diaframma, per l’immediatezza e la “sporcizia” del post punk all’interno della forma canzone: per il suo urlare la necessità delle sue canzoni.

I Duran Duran, ovvero il grande equivoco del pop. Mentre nell’immaginario collettivo risultano essere una band legata al disimpegno anni Ottanta, dopo quarant’anni sono ancora lì a fare musica bellissima e misconosciuta ai più. Gente che dietro un’immagine glamour parlava di cose che stiamo vivendo, nostro malgrado, oggi. La pop band perfetta.

Ivan Graziani, per l’originalità del suo punto di vista sia musicale che nei testi. Storie minime e per questo eterne: una scelta coraggiosa, negli anni Settanta.

The Cure e i Depeche Mode, perché da adolescenti il cupo e la malinconia hanno quasi sempre un fascino irresistibile.

In Sardegna sicuramente il Coro degli Angeli, band di cui facevano parte quelli che sarebbero diventati i Tazenda. E Piero Marras. Non ce ne voglia nessuno ma, probabilmente, la cosa più originale che la musica popolare sarda abbia prodotto.

Ultimamente ci piace molto Lucio Corsi. Pensiamo che sia il nuovo grande talento della canzone italiana, mondo musicale nel quale ci sentiamo particolarmente a nostro agio. Anche se a un ascolto attento si sente che veniamo dal post punk, quel modo e quella mentalità difficilmente te le scrolli di dosso. E noi ci teniamo alle nostre origini.

La-Plonge

A proposito di Sardegna, che rapporto avete con il panorama musicale isolano?

Un rapporto di attenzione e di rispetto per tutto ciò che si produce. E la musica in Sardegna, in questi ultimi anni, è tanta e mediamente di alta qualità: nuove uscite ogni giorno, tanto che risulta difficile riuscire ad ascoltare tutto come si vorrebbe. Oggi fare un disco, rendere pubblico il proprio lavoro, è alla portata di tutti e ciò fa sì che emergano nuovi talenti in continuazione. Una sorpresa fino a un certo punto, dal momento che in Sardegna si è sempre fatta musica bellissima. Abbiamo la nostra terra da raccontare e – dai millenari canti dei pastori alla musica attuale – il tradurre in note il tesoro sul quale camminiamo è un’opera titanica, e ogni tentativo diventa un contributo essenziale. Noi La Plonge ci mettiamo le nostre canzoni e perseveriamo nel nostro percorso, che tiene conto solo dell’urgenza di esprimere in musica una determinata idea.

Pur seguendo una linea ben precisa, ci sono collaborazioni che sono state importanti o che ricordate in modo particolare per la loro valenza?

Nel tempo abbiamo collaborato con tanti artisti e di tutti portiamo dentro le emozioni che ci hanno dato nel fare le cose assieme. La collaborazione più significativa a livello musicale è senz’altro quella con Alfredo “Forelock” Puglia, nome di punta del reggae italiano e soprattutto musicista a 360 gradi e talento enorme. Pur essendo di un’altra generazione, e pur venendo da mondi musicali tecnicamente diversi, Forelock è entrato nel nostro mondo comprendendo appieno lo spirito delle nostre canzoni e la nostra voglia di fare una musica che potesse essere per tutti. Una collaborazione che continua ancora oggi e che speriamo possa andare avanti in futuro. Un altro artista che rappresenta molto per noi è Tore Manca, regista dei nostri primi tre videoclip. Con lui personalmente ho collaborato in vari progetti da almeno 25 anni e non mi stancherò mai di vedere le cose che fa. Il suo “Bioethic Vision” è una delle opere video più belle che abbia visto. E i video che ha fatto per noi sono bellissime piccole storie non immediate ma da scoprire a mano a mano. In questo periodo di “lockdown tira e molla” abbiamo incontrato nuove persone con cui stiamo percorrendo un bel tratto di strada: ad esempio i ragazzi della compagnia Nouvelle Plague, che hanno curato la regia dei videoclip di “Divi (degli aperitivi)” e del prossimo singolo in uscita. Con loro, artisti di teatro a tutto tondo, c’è una bella intesa anche a livello musicale. Insieme stiamo sperimentando un tipo di video che porta l’attenzione sui testi delle canzoni, e i risultati ci piacciono molto. Personalmente faccio parte anche di Collettivo d’Autore, realtà musicale che riunisce tanti musicisti in tutta Italia, con cui ho iniziato una collaborazione che vedrà i suoi frutti musicali fra qualche mese. Da Walter Arnò, musicista e creatore del Collettivo, è nata l’idea della mascherina #hobisognodiarte: in un periodo in cui era tutto fermo, con la maggior parte degli artisti impossibilitati a guadagnare il pane, abbiamo pensato – dal momento che la dovevamo portare per forza – di scriverci sopra questo bel messaggio e di farne uno strumento di autofinanziamento per artisti.

Divi-degli-aperitivi

Sta per uscire un vostro nuovo lavoro ma soffermiamoci per un attimo sul passato. Ci parli dell’importanza che ha avuto il vostro album “Musica da Phon”?

La maggior parte delle canzoni dell’album sono il motivo per cui ci siamo rimessi a suonare assieme io, Massimo e Felice. Si è poi aggiunto Gianpiero, che quelle canzoni le ha viste nascere. Dopo anni passati di fronte a uno schermo di computer, a realizzare musica di commento a immagini, ho sentito l’esigenza di tornare a suonare con una band e di cantare ciò che scrivo: da quel momento penso di aver iniziato un percorso che mi ha fatto riconsiderare tante cose, sia a livello musicale che personale. L’album ha preso forma col nostro ingresso nella realtà di Officine Musicali, luogo frequentato da musicisti dall’estrazione più diversa. È lì che ci siamo imbattuti in Forelock e, conoscendoci meglio, è nata l’idea di fare un album che lo vedesse nelle vesti di produttore. Ci piaceva la sua visione musicale ampia e anche il fatto che, a livello anagrafico, ci dividesse qualche lustro: un punto di vista nuovo per la nostra musica che, come succede a volte, ha finito per coincidere con l’idea di suono che avevamo in testa da anni. Ha “coccolato” le nostre canzoni smussando qualche spigolo e realizzando un disco che ancora oggi ascoltiamo volentieri e che, dobbiamo dire, regge bene il tempo. In questo è stato fondamentale l’apporto di Paolo Zannin, che ha mixato l’album. Non nego che lavorare con uno per cui tifavo da ragazzino, quando andò a Sanremo con la sua band (gli Ice), sia stato uno dei piccoli grandi sogni che questo album mi ha permesso di realizzare. Musica da Phon è un disco importante, principalmente per noi: ma anche per le tantissime persone che lo hanno comprato, che lo hanno ascoltato e che continuano a farlo. Una delle cose che ci riempie il cuore, e che ci sprona, è il fatto che quasi chiunque si imbatta in questo album dopo un certo numero di ascolti vada oltre la superficie arrivando ai testi fino a renderli propri, canticchiandone versi a memoria o usandoli nel quotidiano, postandoli sui social anche a distanza di anni dall’uscita del disco. Penso che sia un album da scoprire, per chi ancora non lo conoscesse.

Il vostro ultimo singolo si intitola “Paolo”. In perfetto stile La Plonge sembra quasi una dichiarazione di intenti rivolta all’attualissimo momento storico che stiamo vivendo.

Paolo fa parte di un nuovo capitolo per noi. Una fase iniziata con Divi (degli aperitivi), scritta durante il primo lockdown ad aprile 2020. Sono e siamo sempre stati abbastanza lontani da certi temi, ma quello che abbiamo vissuto e che purtroppo, dal mio punto di vista, stiamo vivendo è tale che alcune canzoni vengono fuori in un modo diverso, più legato al contingente. Come Divi, Paolo è una canzone che prende posizione. La prima strofa recita: “Ognuno ha i suoi gusti di merda e io li difendo/ da chi come te non fa che dire che è tempo/ di rivalutare ciò che non capiva trent’anni fa”.

Paolo-La-Plonge

Vogliamo parlare in modo più approfondito del testo di questo brano che si è rivelato più controverso rispetto alle aspettative?

Per spiegarlo mi aiuto con un passo di un’intervista censuratami a febbraio da un piccolo magazine online e che abbiamo riportato successivamente in modo integrale sul nostro sito internet: “Bisogna andare oltre le apparenze: soprattutto in Italia l’abito FA il monaco. E certi ‘intellettuali’ diciamolo pure, non ne hanno mai azzeccata una. Regolarmente in ritardo sulla ‘massa’ di 20-25 anni. Cito il caso Clint Eastwood: quello che poi si è rivelato l’artista che è, veniva clamorosamente additato come portatore di valori negativi anche un po’ fascisti. Amo dire per sdrammatizzare a una certa parte politica ancora ben radicata in Italia (almeno a livello di occupazione indebita di spazio) che non è che nei film quando uno spara ammazza davvero (di quello era convinta all’inizio la mia adorata nonna). È che un attore in certi casi deve lavorare e prendere i ruoli che gli propongono, a meno che non voglia fare un altro lavoro. Questi stessi cantori dell’impegno a chiacchiere poi crescono e ambiscono a fare il pop ‘in un’ottica di rivalutazione e di azione dall’interno per decostruire e bla bla bla’. Il risultato che solitamente ottengono è abbastanza imbarazzante perché la spontaneità non si decide certo a tavolino. Non è una questione di marketing. Parola che a noi sedicenti artisti dovrebbe far rabbrividire”. La canzone prosegue prendendo ad esempio una delle persone che ho amato visceralmente senza averla conosciuta: Paolo Rossi, che anticipa sul tempo i difensori brasiliani (che giochicchiavano in maniera anche un po’ altezzosa) e fa gol. Poi ho notato quanti Paolo sono stati importanti nella mia vita e ho deciso che sarebbe stato il titolo della canzone. Alcuni fanno parte della mia vita, altri sono conosciuti da molti. Ad esempio Paolo Barnard, giornalista: considero il suo lavoro essenziale per una più completa informazione su certe politiche che ci riguardano tutti. Aggiungo che mai mi sarei visto a parlare o a cercare di spiegare un testo: ho sempre pensato che il punto di vista di chi ascolta sia altrettanto valido (sul piano dell’interpretazione) di quello dell’autore. Ma tant’è: tempi duri (cit.).

Paolo sarà inserito in un album di imminente pubblicazione, ce ne parli?

Il nostro nuovo album è previsto per il prossimo luglio e inizialmente uscirà solo in formato cd fisico. Verrà invece distribuito in digitale solo nei mesi successivi. Dentro ci saranno le canzoni che stiamo pubblicando in questo periodo, più due non ancora contenute in un cd.
Anche questo secondo album vedrà diverse collaborazioni: il missaggio delle nuove canzoni è affidato ad Andrea Franchi, talentuoso musicista e produttore pratese, col quale abbiamo stretto una bella amicizia e che “legge” la nostra musica in un modo che ci piace molto. Alle chitarre c’è Giovanni Sanna, già con noi in “Sommersa”, una canzone pubblicata qualche tempo fa. Per uno dei singoli che usciranno ci siamo affidati alle sapienti mani di Alberto Erre, storico fonico sassarese protagonista degli ultimi quarant’anni di storia della musica registrata in Sardegna. È stato con una certa emozione che siamo tornati nel suo studio, dove avevamo mosso i primi passi quando eravamo poco più che diciottenni

di Francesca Arca

si ringrazia Costantino Idini per l’utilizzo delle foto

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