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Trash, punk, fuck e altre storie…

Narcisa Monni (Alghero, 1981), dopo essersi diplomata nel 2000 in grafica pubblicitaria e fotografia presso l’Istituto d’Arte di Sassari, prosegue i suoi studi all’Accademia di Belle Arti “Mario Sironi” di Sassari, dove ottiene il diploma in Pittura e si specializza successivamente presso la Facoltà di Architettura di Alghero in Interaction Design.

Attualmente è docente di Pittura presso l’Accademia di Belle Arti “Mario Sironi” di Sassari. Nel tempo ha sperimentato diversi media espressivi passando dall’installazione all’elaborazione fotografica fino alla pittura su supporti non convenzionali (lastre di alluminio, buste di plastica, muri, ecc).

di Benito Olmeo

Narcisa Monni ha detto una volta di sé: “Chi sono? Nessuno. Una pittrice? Meno che mai. Utilizzo la pittura per completare un’operazione, pensieri ed emozioni del momento che, non so per quale motivo, mi spingono a sviluppare quella determinata cosa. Ho cambiato mille stili e ne cambierò altri duemila, se necessario; l’unica costante potrebbe essere quella che parlo solo ed esclusivamente di me, dei miei disagi e della rabbia verso gli altri. Quasi fossi una ragazzina con un diario delle medie, anzi, un diario segreto ma sempre della stessa epoca, scrivo quello che voglio e faccio quello che voglio. TRASH-PUNK-FUCK

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Qual è il primo ricordo che ti viene in mente quando pensi alla parola “arte”?

Non so, forse ero in prima elementare e la maestra ci aveva detto di disegnare. Sinceramente non ricordo se ho associato la parola arte in quel momento o questo è venuto dopo, con gli anni e l’esperienza, però ora come ora è questo il mio primo ricordo. Ero brava, la più brava della classe, avevamo disegnato Babbo Natale.

Sei in continua evoluzione. Stai cercando una tua dimensione pittorica?

No, non cerco una dimensione pittorica, non mi sento una pittrice, la pittura per me è un mezzo per dare la forma a quello che voglio fare nel momento. Ho fatto le mie prime mostre con lavori concettuali,installazioni, rielaborazioni fotografiche, quello che rimane invariata è la poetica, il resto è solo la tecnica.

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L’arte cosa ti ha dato e cosa ti ha tolto?

Mi ha dato tutto quello che mi ha tolto e viceversa.

Ci sono stati un evento o una persona che hanno influenzato le tue opere, oppure la tua è una visione di quello che ci succede attorno e del peso che il mondo ogni giorno ci fa sentire?

Ogni evento e ogni persona a me vicino hanno influenzato le mie opere, senza di esse non avrei fatto niente. Non conosco il peso che il mondo ci fa sentire, sento quello che fa sentire a me. Ma più che il mondo, la vita stessa.

Le tue opere soffrono, nonostante la bellezza che trasmettono. Sembra che piangano, che vogliano urlare qualcosa…

Non credo che urlino, credo che sussurrino insistentemente in maniera stridula.

La tua arte mi ha ricordato Jean-Michel Basquiat nel suo modo di mettere tutta la sua tristezza, euforia, protesta nelle sue opere.

Penso che ogni artista lavori in questo modo. In ogni opera si sente quella tensione, positiva o negativa, che crea l’autenticità del lavoro e che permette di entrare in intimità con lo spettatore.

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La tua è una pittura molto intimista, che fa riflettere. Pensi che l’arte, in qualche modo, possa guarire l’anima?

Al massimo fa ammalare chi la crea.

L’arte è come un movimento di condivisione, di espressione e di confronto. Sei d’accordo?

Ogni volta che espongo le mie opere le condivido con lo spettatore. Il confronto avviene se lo spettatore riconosce o sente qualcosa in esse che lo spingono a provare un sentimento, un’emozione che riconosce come vissuto o un potenziale da vivere, un’immagine che fino ad allora era solo un pensiero astratto.

La tua ultima mostra “Narcisa Monni One Shot”, curata da Davide Mariani si è svolta a Palazzo Ducale a Sassari. Mi parli di come sono nate l’idea e la concezione di questa mostra?

Lavoro insieme a Davide Mariani da diversi anni, abbiamo sentito l’esigenza di fare un riassunto degli ultimi 15 anni di attività e cosi abbiamo deciso di realizzare questa esposizione.

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