A volte le cose nascono per caso o per coincidenze, forse questa frase riassume al meglio il percorso artistico di Simona e del suo spiccato senso per il bello artistico. Fin da bambina è attratta dall’Arte grazie alle amorevoli attenzioni del nonno paterno, il tenente “Albanese”, maestro di scuola che, con pazienza, le narra i canti della Divina Commedia facendole ammirare le illustrazioni di Gustave Dorè. Suo nonno fu il primo a notare uno spiccato senso di osservazione e volontà nella piccola nipote. All’età di 6 anni frequenta la casa della maestra Sircana Antonietta, denominata “La Sircana”, una delle migliori ricamatrici del nord Sardegna. Il primo approccio con la macchina fotografica lo vive grazie al padre, che la fa posare per suo diletto. Scopre così, per gioco, come ci si comporta davanti e dietro l’obbiettivo. Prosegue gli studi presso l’istituto Tecnico Industriale G.M. Angioy di Sassari, dove consegue il diploma di “Perito Capo Tecnico Informatico”. Lavora a Sassari dal 2001 nel settore della grafica pubblicitaria, come addetta grafica, stampa e, dal 2007 a oggi, è docente dei programmi Adobe. Nel 2009 decide di iscriversi all’Accademia di Belle Arti Mario Sironi-Sassari per frequentare il corso di “Nuove Tecnologie dell’Arte”, conseguendo parecchi esami cum laude. Nel 2010 si iscrive alla UIF – UNIONE ITALIANA FOTOAMATORI. Il Dott. Luigi Franco Malizia (medico della fotografia Italiana) la nota subito, includendo le sue foto nel progetto “Cartoline Viaggianti” e dandole alcuni importanti consigli su come intraprendere il percorso artistico fotografico; percorso che la porterà a conoscere il maestro Francesco Cito e a stringere una forte amicizia col maestro d’arte contemporanea Elio Pulli. Proprio col ritratto fotografico “Quadro al cubo Magister Elio Pulli” vince il merito della “fotografia artistica”. Ma Simona non è solo fotografia. Nel 2010 crea una sua linea di design, Cocci & Putti, suddivisa in due branche: Sas pizzinnas e Sas feminas. Il design è incentrato sui decori della Sardegna riportati sulle maioliche dove, sia in stile Naif che in stile Realistico, sono illustrati gli ornamenti e i costumi paese per paese. Nel 2015 fonda l’Associazione Culturale Indaco Sennori e, nel 2016, ha l’onore di conoscere il MESTRO del Bisso Chiara Vigo, che diventa testimonial della sua linea.

Puoi raccontarci quando nasce la tua passione per l’arte?

Credo di averla da sempre. Anche se non sono figlia d’arte, dall’arte sono sempre stata circondata. Mio zio Peppino Palma (marito della sorella maggiore di mia madre), per esempio, è stato collaboratore di Eugenio Tavolara. Grazie a lui ho conosciuto pubblicazioni e manufatti degli artisti sardi di maggior rilievo; mi ha insegnato anche le differenza tra stili, tratti, colori e forme.

Un legame molto stretto ti lega a tuo nonno paterno, che potremmo definire il tuo mentore artistico, mentre da tuo padre (musicista) apprendi la passione per la fotografia. Ci parli di questo legame speciale?

La mia personale “vocazione artistica” nasce soprattutto, grazie alle amorevoli attenzioni di mio nonno, Simone Goxhoi, maestro di scuola, Tenente albanese, trasferitosi in Sardegna durante la II guerra Mondiale. Con pazienza mi narrava i canti della “Divina Commedia” facendomi ammirare le Illustrazioni di Gustave Dorè. Ho imparato a leggere, seguendo le illustrazioni, mentre ascoltavo gli audio libri delle fiabe dei fratelli Grimm, Perrault, Andersen e La Fontaine; e ho capito che dovevo fare un passo avanti quando mi regalarono il Tomo di “C’era una Volta…”. Dovevo fare tutto da sola, cominciando col dare la giusta enfasi mentre leggevo a voce alta. Mio nonno, inoltre, mi ha trasmesso l’amore per gli animali e i piccoli, grandi e semplici valori della vita, ma soprattutto l’impegno e la dedizione per qualsiasi cosa si debba fare. Il primo approccio con la macchina fotografica l’ho avuto grazie a mio padre, che mi faceva posare e fotografare per suo diletto. A 4 anni ero capace di impostare la messa a fuoco della sua Reflex, i tempi e il diaframma sono arrivati dopo. Ho scoperto così, per gioco, come ci si comporta davanti e dietro l’obbiettivo. Il tutto era accompagnato dalla musica. Fin dalla nascita ricordo che, la sera, quando mio padre rientrava dal lavoro, metteva a caso un vinile nel giradischi e io dovevo essere capace di riconoscere il brano e l’artista in esecuzione. Il premio era un semplice, forte applauso. Così mi ha fatto amare Jimi Hendrix e tanti altri: si passava da un genere all’altro perché sviluppassi “l’orecchio”, così si dice in gergo. A questo proposito, il mio ricordo di infanzia più bello è quello di Jerry Mulligan. Ero impressionata dalla somiglianza tra lui e mio padre. E tutto ciò mi divertiva tantissimo.

Artista poliedrica, prima consegui il diploma di Perito Capo Tecnico Informatico presso l’istituto Tecnico Industriale di Sassari, poi nel 2009 decidi di frequentare l’Accademia di Belle Arti Mario Sironi…

Sempre mio padre, mi convinse a iscrivermi all’istituto Tecnico Industriale G.M.G Angioy Sassari, contrariamente a ciò che volevo… ovvero iscrivermi all’Istituto d’Arte di Sassari, sezione fotografia. Ho conseguito il diploma come Perito Capotecnico Informatico con risultati ottimali. Ciò, devo ammetterlo, mi ha facilitato nel mondo lavorativo. Subito dopo ho trovato lavoro presso uno studio di Grafica di Sassari: avevo 19 anni. Questa esperienza quasi ventennale mi ha insegnato tanto. Mi sono iscritta all’Accademia di Belle Arti Mario Sironi perché avevo molte richieste di insegnamento nel settore grafico, come docente Adobe, ma occorreva un Diploma/Laurea universitaria. Ricordo che il Prof. Giorgio Auneddu Mossa ha subito creduto in me, incoraggiandomi sempre. Durante quegli studi ho avuto l’occasione di frequentare il corso di illustrazione del Prof. Sisinnio Usai che mi ha, per così dire, aperto una strada, e anche quello del Prof. Salvatore Ligios. Ma non è stato tutto facile: da me pretendevano tanto però, detto in confidenza, lo faccio anch’io con i mie alunni quando vedo che hanno passione e che ci credono.

Molto legata alla tua terra, crei una tua linea di design dal nome Cocci & Putti, dove in modo molto Naif illustri l’amore per la tua terra, battezzata da una Madrina d’eccezione: Chiara Vigo, la Sacerdotessa del Bisso. Mi racconti come nascono questo progetto e la collaborazione con questo ospite illustre?

Vivendo a Sennori, dove l’uso del costume tipico sardo è molto in voga, e non avendone uno tutto mio, all’età di 6 anni ho iniziato a frequentare la casa della mia vicina di casa, la maestra Sircana Antonietta, nota in Sardegna come “La Sircana”, da cui ho appreso l’arte della pittura e del ricamo del Costume Sardo, passione che tuttora pratico. All’età di circa 30 anni, ho creato un Brand: Cocci & Putti, che significa BUONA FORTUNA: “Cocci” sta per le Coccinelle e “Putti” per gli angioletti, ma essendo sarda ciò non bastava; realizzai così due nuove sotto-linee: “Sas Pizzinnas” (le bambine) e “Sas feminas” (le donne). Sas feminas sono le donne, appunto; donne forti, coraggiose, eleganti, donne che hanno voglia di mostrare la loro bellezza con classe ed eleganza. Quando, su ispirazione degli abiti folkloristici sardi, nasce un quadro; quando da un quadro nasce un monile; quando da un monile nasce uno scialle: non si tratta che di un ritorno alla tradizione dei costumi sardi… è cosi che nasce Sas feminas.
“In questi progetti Simona Goxhoi cerca di riproporre i decori paese per paese, tracciando ogni dettaglio, esaltando ogni colore, attribuendo anche un valore documentale alla sua osservazione. La tipologia del ricamo e la sua disposizione e illustrazione permettono di individuare geograficamente l’origine di ogni suo lavoro.” testo di Maria Assunta Fodde per GEASAR – Artport Corner dell’Aeroporto di Olbia. La seconda linea, appunto Sas pizzinnas, ossia le bambine, sono la rappresentazione dei costumi sardi stile naif, riportate prevalentemente sulla maiolica, basandomi sugli studi di Edina Altara, Eugenio Tavolara, Marco Silecchia o sulle incisioni dei grandi illustratori che hanno riportato i costumi della Sardegna da secoli. Ho l’onore di avere come madrina il Maestro del Bisso Chiara Vigo, candidata come bene Unesco per diventare Patrimonio Immateriale dell’umanità, nonché “Commendatore”, con il diploma distintivo dell’Onorificenza dell’Ordine Al Merito della Repubblica Italiana. Il Maestro è venuta a conoscenza del mio operato, quando ho rappresentato il paese di Sant’Antioco con la fiaba Su Para e sa Mongia (in collaborazione con Emanuela Lai). È una donna magica, sapiente, testarda, fiera ma umile, semplice, diretta, piena d’Amore e con la voglia di amare e donare a 360°. Una donna che ha sofferto, come tutte le donne, ma che non cambia mai idea. “IL BISSO NON SI VENDE, IL BISSO NON SI COMPRA”, da anni il Maestro ripete la stessa frase; frase che risuonava nella mia mente per giorni dopo averla conosciuta, e solo dopo averla accolta come ospite dell’Associazione Culturale Indaco di cui faccio parte, per la sua causa, riesco a coglierne il messaggio… L’arte della lavorazione del Bisso viene tramandata di generazione in generazione ma saltandone una: dunque di nonna in nipote; e non va venduto, ma donato. Chiara Vigo mantenne la promessa a sua nonna Leonilde Mereu, tessendolo e vivendo appunto di umiltà, perché il Bisso è sacro. Sacro come una promessa che va mantenuta, sacro come l’amore, come l’amicizia e la fiducia che non hanno prezzo; sacro come la Fede.

Molto istintiva a livello artistico, impressiona il tuo lato creativo. Sei in continua crescita, ti reinventi spesso, mi sbaglio?

Lo so che impressiono, affascino, incuriosisco… vengo amata, odiata e stimata. Lo so benissimo, ne sono consapevole, gli occhi delle persone non mentono (sorride, ndr).
Sono sempre in continua crescita, e mi reinvento in continuazione, non credo di essere una quercia ma un giunco con salde radici, che ha tanto da imparare e apprendere, ma quando le radici sono salde tutto è in discesa. Per ora proseguo sempre nella stessa direzione, da quando mi sono messa in proprio, da tanti anni, i miei lavori e opere hanno un unico filo conduttore: la Sardegna, con i suo colori, i suoi decori e i suoi Artisti.

Ricapitolando: pittura, fotografia, linea di design; quale arte ti appartiene di più, o meglio in quale ti senti più a tuo agio?

Dovendo proprio scegliere… perché non ha prezzo come l’anima, come l’amore, scelgoLa fotografia. Per me è il non plus ultra, è il fine di un progetto ma rimane sempre imperfetta, ha un’aura, ma non è fine a se stessa. Devo tanto al Dott. Luigi Franco Malizia di Caravaggio, medico della fotografia Italiana: quest’uomo mi ha dato tanto, mi ha segnalato (nel 2011 circa), dandomi piena fiducia e meriti, facendomi conoscere questo mondo illustre, spronandomi e facendomi approfondire gli studi con ricerche su quest’arte maggiore, aprendomi la mente, facendomi fuoriuscire da quest’isola senza confini. Prendiamo per esempio la foto: Quadro al Cubo Magister Elio Pulli, quella foto è stata scattata per caso, il maestro si trovava la, nella sua stanza di pittura, intento a dare dei tocchi di pennellessa alla sua nuova opera d’arte, io ero dietro di lui… era una scena bellissima, non avevo mai visto una persona cosi carismatica e affascinante, davanti a me, d’improvviso rivelarsi come un bambino con i suoi giochi d’infanzia. Così è nato quello scatto; tanto voluto ma nato alla fine per caso, pur facendo parte di un vecchio progetto. Credo, in pochi secondi, di aver colto l’anima del maestro con quello scatto che lui merita per la stima che vi è tra noi da anni. Quest’opera (definiamola opera), segnalata dal MUSA, per il premio Internazionale Berte Morisot, ha portato la mia arte negli spazi espositivi de L’Espace Commines, in Place de la Repubblique a Parigi nell’Aprile 2017 e con grande onore è stata inclusa come opera dal Maestro Elio Pulli e dalla commissione Artistica per il tributo al Maestro negli spazi del Parco di Porto Conte (Alghero)

«Tutti credono di saper fare delle fotografie. Oggi ho notato, tra le tante foto, una in particolare che ritraeva un pittore all’opera, intento a dipingere nel suo studio. In quella foto traspare una certa poetica, difatti vi è l’anima del pittore. In quella foto, inoltre, vi sono le emozioni del fotografo. Quella è una foto» VITTORIO SGARBI

Molto interessante, sia per il suo costrutto che per il significato, è la Vestizione della Sposa, ma quella è un’altra storia; una storia che mi ha fatto esporre a Hollywood, in California. Dorothea Lange, Letizia Battaglia, Richard Avedon, Francesco Cito, sono i miei pilastri. Siamo tutti alla ricerca di questo segno, di lasciare una traccia, di eccellere. Sembra una corsa a chi arriva prima, sempre di fretta… Calmati, respira, non hai inventato nulla. Devi solo reinterpretarlo e prima o poi arriva ciò che deve arrivare. Basta che fai tutto con serenità e con amore… Ricordiamoci, citandone alcuni, che dietro al Manzoni, Duchamp, Fontana, Rothko ci sono anni di studi e di fallimenti, prima di emergere. Che non è facile ma, alla fine, se ci credi, si è appagati.

Ted Grant diceva: «Quando si fotografano persone a colori, si fotografano i loro vestiti. Ma quando si fotografano persone in bianco e nero, si fotografano le loro anime». Se tu dovessi fotografarti cosa uscirebbe fuori dalla tua anima?

Il bianco e nero è la massima espressione del colore ma ti rispondo con questa citazione: «Farai le figure in tale atto, il quale sia sufficiente a dimostrare quello che la figura ha nell’animo; altrimenti la tua arte non sarà laudabile».(Leonardo da Vinci)
Se dovessi fotografarmi nuovamente, mi fotograferei tale e quale al primo piano che ti ho inviato, con la bocca e occhi socchiusi, le mani sulle tempie. Quello era un momento di serenità: paradossalmente rispetto alla mia vulcanicità, dalla mia ANIMA fuoriesce serenità.

di Benito Olmeo
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