di Benito Olmeo

Tore Cau è nato a Sassari nel 1932. Si è formato all’Istituto Statale d’Arte ed è stato allievo di maestri del calibro di Figari, Dessy e Spada. Durante la sua carriera artistica – che ha avuto inizio nel 1955 e che è durata per oltre trent’anni – si è imposto all’attenzione del pubblico e della critica grazie alle numerose mostre personali e collettive, alla partecipazione a numerose manifestazioni artistiche nazionali ed internazionali. Numerosi e prestigiosi sono i riconoscimenti, i titoli accademici e i premi che gli sono stati riconosciuti nel corso della sua carriera. Di lui hanno scritto autorevoli critici sulle più qualificate riviste di settore e le sue opere figurano in collezioni pubbliche e private. Impegnato anche come scultore, le sue testimonianze maggiori permangono ancora oggi a riprova del grande talento artistico anche in questo settore. Esempio massimo rimane il Monumento ai Caduti per il comune di Esporlatu. Ispirata da un forte bisogno espressivo interiore, da una ricchezza di emozioni ed immaginazione, la sua pittura ha dato vita a paesaggi dai colori puri e smaglianti e vivaci in contrasto con le figure pensose e con scorci spesso plumbei ma animati da segrete passioni. Si è spento nella sua città nel 1989.

Abbiamo raccolto un ricordo da parte Vidèo Anfossi che di lui dice:

Il mio ricordo di Tore Cau è quello di una persona seria e professionale. Anche il grande attore Giorgio Strehler ne seppe riconoscere il talento congratulandosi con lui durante una mostra di grande successo. Era in grado di affascinare con il suo sapiente utilizzo del colore ma anche con i suoi modi umili e con la sua ottima capacità di comunicare. Tore Cau era un artista vero ma non si era mai montato la testa. Le sue composizioni – dipinte con talento di alto livello – ancora adesso richiamano l’apprezzamento di pubblico e addetti ai lavori e dovrebbero essere analizzate con crescente attenzione. Le sue penetrazioni si arricchiscono dentro i colori che riescono, con grande abilità, a rendere uniforme la trasparenza e la luce, sempre vivida ma delimitata da un equilibrato uso degli spazi. La sua arte risente senza dubbio degli influssi degli espressionisti dei primi del ‘900 francese ma ciò non lo ha mai privato della sua indubbia originalità, che ritroviamo nella sua penetrazione diradata dal colore illuminato e nelle discrepanze che trovano unità nelle composizioni, ricevendo allineamenti concisi e terricciati. Tore Cau ottenne, nella sua carriera, molti riconoscimenti ma penso che la sua opera meriterebbe un maggiore interesse da parte delle Istituzioni. Sarebbe bello poter ammirare i suoi quadri nelle sale dei maggiori palazzi istituzionali della città. Non posso che augurare ogni bene alla sua famiglia.

Abbiamo intervistato per voi i figli dell’artista.

Come e quando nasce l’artista Tore Cau?

Nasce nei primi anni ‘50 da autodidatta, e perfeziona poi la sua tecnica frequentando l’Istituto d’Arte di Sassari. Interrompe gli studi per necessità ma continua a dipingere e a studiare autonomamente per coltivare la sua grande passione per la pittura e per l’arte in genere.

Dopo essersi formato all’Istituto d’Arte di Sassari, dal 1955 Tore Cau intraprende una forte attività artistica ed espositiva delle sue opere, ci raccontate un po’ quel periodo così prolifico?

All’epoca affiancava l’attività di fotografo a quella di pittore. Lavorava tantissimo ma dal punto di vista artistico per lui è stato senza dubbio un periodo bello e ricco di soddisfazioni. Ha partecipato a molte manifestazioni artistiche, anche fuori dalla Sardegna, nelle quali ha spesso ottenuto premi e segnalazioni. Per esempio nel 1963 vinse il secondo premio alla “Mostra di pittura città di Olbia” dove venne notato da Renato Guttuso, e anche se noi eravamo molto piccoli e addirittura qualcuno non era ancora nato, abbiamo avuto la possibilità di vivere quei momenti attraverso le foto e i ritagli di giornale che lui ha conservato. Sempre in quegli anni è stato a Torino, Roma, Bologna e Firenze dove lavorò per alcuni mesi ma successivamente, verso la fine degli anni settanta, decise di non esporre più fuori dalla Sardegna per restare con noi della famiglia. Continuò la sua attività qui a Sassari nell’assidua frequentazione dei pittori sassaresi, suoi amici di sempre.

Pittore prettamente figurativo e di scuola classica, le opere di Tore Cau sono tuttora molto difficili da reperire, perché?

Probabilmente perché spesso i collezionisti d’arte tendono a tenere per sé le opere che possiedono, per goderne in ogni istante. Pertanto non è facile che le mettano in mostra e meno ancora in vendita. Naturalmente noi, in quanto figli di un pittore, pensiamo invece che le opere di un artista debbano essere conosciute da un vasto pubblico affinché il suo messaggio abbia maggiore risonanza.

Oltre alla pittura Tore Cau si dedicava con vocazione anche alla scultura, vincendo il 1° premio nella prima mostra Cavalcata Sarda e nel 1986 finì i lavori per il monumento dedicato ai caduti dei Esporlatu. Come viveva, a livello artistico, questa doppia vocazione?

Era un artista a tutto tondo. Per lui non c’era differenza tra un quadro o una scultura. Poteva dipingere su una tela o su un foglio di carta, scolpire una pietra, una lastra di marmo o creare qualcosa da un semplice panetto di Das.

Cosa ha rappresentato Sassari per Tore Cau? Come viveva la sua quotidianità e il lato artistico nella sua città?

Quando stava a Sassari la sua giornata era divisa tra gli affetti familiari e gli amici artisti. Il suo studio era un punto di ritrovo dove era facile incontrare i più importanti pittori sassaresi di quel periodo – Costantino Spada, Liliana Cano, Lucio Chighgine ecc. – a fianco ai figli ancora piccoli che spesso portava con sé. La convivialità tipica dei sassaresi era pertanto una sua caratteristica, nonostante il suo carattere riservato.

Renato Guttuso in una sua recensione lo definiva un pittore di indubbio gusto pittorico ma con una vena di malinconia. Aggiungerei anzi che nelle sue opere si nota quasi una sensibilità eccessiva che lo portava ad una sorta di malessere esistenziale. Mi sbaglio?

Non ti sbagli. Era una persona sensibile ed empatica. Sicuramente la sua infanzia era stata segnata da alcuni eventi dolorosi che possono avergli causato un tormento interiore che traspare dalle sue opere, ma amava anche rappresentare il malessere dell’uomo. «Mi interessa soprattutto ed essenzialmente esprimere l’uomo odierno, nei suoi travagli, nelle sue lotte, nei suoi slanci.» disse in un’intervista di quel periodo.

Di recente si è svolta presso il centro d’arte e cultura “Arte Kaos e poesia” una mostra in omaggio a vostro padre con opere di collezioni private. Un modo per ricordare un artista che ha contribuito a sviluppare l’arte e tutto il movimento artistico Sassarese nei primi anni ‘60. Come nasce questa idea di rendergli omaggio? Ci saranno sviluppi futuri ?

L’idea di rendergli omaggio l’abbiamo sempre avuta ma non si erano mai verificate le condizioni ideali. Poi casualmente lo scorso anno abbiamo visitato una collettiva di pittori – alcuni più conosciuti, altri meno – che il direttore artistico, Giovanni Andrea Negrotti, “ha voluto impreziosire”, per citare le parole dell’articolo apparso sul quotidiano La Nuova Sardegna, con un’opera di nostro padre, e da lì è nato tutto. Non neghiamo che ci piacerebbe proseguire nel far conoscere le sue opere e la sua arte e non è detto che non ci siano iniziative future volte a questo. È il modo migliore per ricordarlo.

Le parole di Giovanni Andrea Negrotti racchiudono pienamente l’arte di Tore Cau:

La pittura di Tore Cau si distingue dal genere neorealistico sardo, nato agli inizi degli anni ‘50, grazie ad uno stile molto personale ricco di profonda spiritualità. Artista completo, deve molto alla conoscenza delle tecniche esecutorie dei chiari oscuri e delle proporzioni anatomiche. I colori di tonalità calde di terra e blu cobalto, che sposa con armoniosi tocchi di gialli e arancio, conferiscono alle opere un fascino poetico. Davanti alle opere del maestro Tore Cau non ci si può fermare alla mera apparenza. Esse hanno necessità di essere osservate attentamente, specie nella zona aurea, fulcro dell’opera. I soggetti o le rappresentazioni di questo artista spaziano in diverse ambientazioni ma si nota una ricerca umanistica e spirituale proprio in quei dipinti ove anch’esso si rappresenta, come ad esserne esecuzione e materia. Ciò si può notare nelle opere raffiguranti Cristo crocefisso o in situazioni conviviali, quasi a voler trasmettere, sia in situazioni di svago che di sofferenza, un segno di grande sensibilità. Davanti a tale patrimonio artistico mi preme sottolineare come in una società attenta alla cultura, l’opera di Tore Cau non sia stata valorizzata nel giusto modo ed è motivo di orgoglio, per me e la famiglia, aver allestito questa mostra, portando questo nostro grande artista all’attenzione dei nostri concittadini a quasi trent’anni dalla sua scomparsa.

foto: Bruno Lombardi

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